Sui maggiori giornali i maggiori americanisti si affanno a spiegare che il famoso sindaco di New York Giuliani non ha fatto un bel nulla contro i criminali. Se la criminalità si è ridotta Giuliani non c’entra. Non dicono però chi c’entra – perché la criminalità si è ridotta: la metropolitana di New York non solo è la più grande del mondo e va ventiquattro ore, è anche la più sicura, che fino a quindici anni fa era sconsigliata. Un americanista dice che la criminalità è scesa grazie al computer. Lo stesso saggista si fa spiegare da un altro esperto: “In criminologia vale una sorta di legge di gravità di Newton, quello che sale scende”. Anche in astrofisica, dopo la notte il giorno, in meteorologia, dopo la pioggia il sole, e in genere nella storia, a volte le cose cambiano.
Gli americanisti si devono essere stancati di spiegare gli eventi, confinati nelle pagine interne. Vorranno avere anch’essi, come i colleghi degli interni e della giudiziaria, l’onore della prima. Forse per questo ne adottano l’arma letale, il “tormentone”. Abbiamo dunque un “Giuliani no pasarà”. Ma è così che si fanno le rivoluzioni: Giuliani non potrà che soccombere al tiro al bersaglio, l’Italia deciderà la presidenza americana.
A fare giustizia nelle presidenziali ci penserà poi Alan Greenspan, con un capitolo anti Bush e per la liberazione dell'Iraq, un capitolo delle sue memorie, che lo stesso giornale del saliscendi pubblica. Senza specificare che Greenspan, presidente della Federal Reserve per quindici anni, è l'autore - materiale, documentario - delle ipoteche multiple e della crisi incombente. Che ha governato per quindici anni la moneta senza governarla, con messagi criptici che non dicevano nulla. Che per dire male di Bush ha preso otto milioni di dollari, solo di anticipo, potenza della letteratura - nel genere del tormentone rientra anche questo, di arruolare tra i giustizieri personaggi sgangherati.
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