venerdì 14 settembre 2007

Draghi liberista senza controlli

Il governatore della Banca d’Italia Mario Draghi vuole rompere ogni argine residuo alla commistione fra banche e industria, o gruppi finanziari, “tanto sono affinati i controlli di vigilanza”. Pura ideologia da mercatista, se non da banchiere d’affari. Che si sostiene con la dubbia impermeabilità dell’Italia alla crisi scatenata dal mercato Usa delle ipoteche. La crisi al contrario dimostra che non ci sono controlli di vigilanza – l’Italia ne è fuori come sistema bancario per provincialismo e marginalità, e comunque ne risente in pieno gli effetti deteriori, il credit crunch, la propensione alla liquidità.
Il sistema della Federal Reserve non ha vigilato un bel niente, tra l’altro di un mercato ben noto, nient’affatto riservato. E come rimedio non ha che un’iniezione periodica di liquidità, per evitare un effetto choc dell’inevitabile depauperamento del mercato dei capitali: ogni cinque-sei giorni rimette in circolo lo stesso ammontare di denaro. La Banca centrale europea, con tutti i suoi controlli affinati, forse non ne sapeva nemmeno nulla, si limita e seguite dopo un paio di giorni la Fed. Il nocciolo della crisi è proprio questo: lo scarso fiuto, o impotenza, dei controllori, l’impossibilità in definitiva di prevenire. Il mercato si vuole libero, sia esso spudoratamente truffaldino o puttanesco. Altre crisi sono nate dal fallimento di un fondo, una banca, un settore, o dal terrorismo, o dalla grande corruzione Usa (Enron, Cisco et al.). Questa è proprio una crisi dei controlli.

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