Saviano è tornato al suo paese per una grande cerimonia anticamorra, cui hanno partecipato un migliaio di autorità, compresi i ragazzi di Locri, ma non un compaesano. A Casale, se non altro, l’organizzazione ha occupato la piazza. A Catania, orrendo spettacolo, nel 1998, o nel 1999, tutta l’antimafia isolana si riuniva per premiare Caponnetto nel Palazzo Municipale, da cui fuoriuscivano applausi, mentre la piazza era occupata da un centinaio di torve macchine delle autorità e delle scorte, coi loro impassibili autisti. Anche a Locri i ragazzi di Locri sono soli, un minuscola organizzazione politica, con la vedova Fortugno e la sua scorta nelle manifestazioni antimafia. Come questa estate, e già l’estate scorsa, in Aspromonte, nelle giornale della Legalità promosse dal Parco: uno o due giudici, uno o due parlamentari, e alcuni funzionari della Prefettura e della Questura, non più di trenta-quaranta persone a ogni manifestazione.
Bisogna pensare dietro questo deserto le mafie locali totalmente in controllo, o le popolazioni imbarbarite? A Locri e nell’Aspromonte di questa disaffezione però si parla liberamente. Anche a Catania all’epoca. La gente non partecipa, lo dice, perché “non c’è giustizia, solo chiacchiere”. Per giustizia intendendo la sicurezza. L’antimafia è solo un rito – quando non serve alla carriere, come Sciascia aveva visto vent’anni fa. La stessa cronista di “Repubblica” ironicamente - inconsciamente? - se ne fa interprete. Viaggiando al Sud questo si vede, ogni giorno, l’estremo legalismo accanto all’estrema illegalità. Tra gli antimafiosi di parata ci sono del resto in Calabria politici legati ai mafiosi, a conoscenza di tutti.
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