Montanelli ha qualche marcia in più di Schlabrendorff: fa leggere d’un fiato le 140 pagine di attentati falliti che si succedono uguali come in una comica di Ridolini, con interesse cioè e senza farle cadere nel ridicolo. Non a torto sanzionato da Eco quale “fenomeno” e “abilissimo autore di pastiches storico-letterari” (“Il costume di casa”, pp. 169-74), Montanelli parte con maestria, dalla rappresentazione dell’attentato del 20 luglio, e col canonico “ricostruiamone la storia”. E ha un paio di storie in più, affascinante quella di Vlasov, con la caratterizzazione di Stauffenberg. Ma anche nella versione di Barone il libro è scorrevole, e talvolta meglio sceneggiato. L’edizione Gentile, benché funestata dal salto di un quinterno nell’edizione consultata, è un bel libro, con prefazione, nota dell’editore, Gero von S. Gaevernitz, e quarta di copertina precise, esaurienti, e ottime foto nel testo. Von Gaevernitz era stato braccio destro di Allen Dulles, il capo dell'Oss in Svizzera durante la guerra, ed era rimasto legato alla Cia, che succedette all'Oss: ciò spiega le plurime edizioni del libro e la loro accuratezza, nella povertà quasi bellica della grafica - è anche un indizio per la riedizione di cui Montanelli si fece tempestivo autore, ma con ogni probabilità insignificante.
Montanelli salta le pagine in cui Schlabrendorff tratteggia la resistenza non militare a Hitler, anche se vi si rappresentano belle personalità. È l’altra differenza tra i due libri. Si perde così Gustav Dahrendorf, socialista, padre del sociologo politico baronetto Ralf Dahrendorf. Ma dà più ritmo al suo racconto. Dà anche spazio alle colpe degli Alleati, che S.-von G. omettono, con le vicende dell’ammiraglio Canaris, dell’Anschluss e di Monaco. Nel dettaglio, Montanelli omette le prime dieci pagine di S., le pagine 25 (von Ketteler e Hadelmayer) e 28 (S. a Londra da Lloyd George), la p. 37 (il Vaticano all’opera contro la guerra nel 1940), il capitolo su Goerdeler, col proclama in dettaglio che il borgomastro aveva preparato per la popolazione, e le pagine conclusive. Per il resto è tutto uguale, talvolta alla pagina. Il socialista antisemita antinazista Ernst Nieskich mandato dallo Stato maggiore a Mosca a trattare intese e spartizioni col maresciallo Tuchačevskij. Lo smantellamento dello Stato Maggiore con le accuse a Blomberg (ha sposato la segretaria, una puttana) e a Fritsch (omosessualità). Il complotto contro Fritsch raccontato ai congiurati dall’addetto militare di Hitler, Hossbach (p. 24 di S., e 25 dell’edizione Rcs). Il rivolgimento allo Stato Maggiore (pp.27-28 di entrambi i libri). Poi il parallelismo si sgrana: il ruolo del cristiano-democratico bavarese Josef Müller (p.22 e p.59), il letargo della Resistenza allo scoppio della guerra (pp. 33 e 39), il “generale rosso” Hammerstein” (pp.35-36 e 53-54), Guderian che è ricevuto da Hitler ma non riesce a dire una parola (pp.43 e 86), il piano Treschkow-Witzleben (pp.53-55 e 89-90).
A questo punto ricorre l’unico riconoscimento a Schlabrendorff, obliquo. Montanelli ne cita il libro in tedesco tra parentesi a p.83 “(è Schlabrendorff stesso che ha raccontato tutto questo nel suo "Offiziere gegen Hitler", e a voce mi ha fornito particolari inediti)”, e a p.88 ne cita il piano: “S. ha lasciato il resoconto che ci ha confermato a viva voce”. Anzi peggio che obliquo: il resoconto di S., continua M., “coincide con le memorie (per ora segretissime) di Beck e Witzleben”. Si capisce che il direttore del “Corriere”, Mario Borsa, abbia dirottato sul “Corriere d’Informazione”, giornaletto del pomeriggio, le corrispondenze del suo inviato, che in teoria aveva passato così tanti mesi in Germania alla ricerca della verità: proponeva “memorie segretissime” (quello di sapere i segreti è un vizio molto italiano: sarà un format linguistico?). Di seguito, nella stessa pagina, M. riprende parola per parola da S., senza citarlo, gli usi alimentari e ipnotici di Hitler. E continua col calco. Nel cap. XI, pp.86-92, sintetizza il cap.“Il tentativo di attentato del 13 marzo 1943” di S.. Alle pp. 88-89 ricalca l’aneddoto delle pp.72-73 di S. sugli inneschi speciali che non funzionano, e delle bottiglie esplosive di pseudo-brandy che viaggiano per la Germania tra grandi ufficiali ignari. Poi Montanelli salta l’esposizione dei piani di Goerdeler (ne liquida il proclama in poche righe a p.117), e nella corrispondenza tra le pagine S. risulta avanti: il circolo di Kreisau (pp.99-100 di S., 95-96 di M.), i leader socialisti sindacali Leber e Leuschner (pp.113-115 e 98-99), il resoconto delle ore successive all’attentato del 10 luglio, che anche S. drammatizza (pp. 141 segg, e pp.120 segg.).
Un altro riconoscimento a Schlabrendorff Montanelli lo ha dato cinquant’anni dopo, nella sua “Stanza” sul “Corriere” del 26 febbraio 1997. Ma sempre indiretto. E con alcuni errori, che Sergio Romano ripete nell’introduzione all’edizione odierna: Schlabrendorff non fu avvocato a Norimberga “dei criminali di guerra”, ma consulente volontario del generale Donovan sul contributo delle chiese alla Resistenza, e non sopravisse al “bombardamento violento di Dachau (quello in cui trovò la morte Mafalda di Savoia)”, perché era in prigione a Berlino. Sul bombardamento reale subito da Schlabrendorff Montanelli si è perso una storia molto montanelliana: l’accusato si salvò e l’accusatore, l’ex comunista Roland Freisler, che giudicava in paramenti rossobruni, fu giustiziato. Avvenne durante il processo al Tribunale popolare: ci fu un bombardamento, il procuratore speciale Freisler scese con l’accusato nel rifugio, una bomba penetrò tutti i piani del tribunale, scosse la cantina, una trave si staccò dal soffitto, e lo uccise. Uccise Freisler.
Fabian von Schlabrendorff, un avvocato che divenne a cavaliere del 1970 presidente della Corte costituzionale a Bonn, era stato segretario in gioventù di Otto von Bismarck, e aveva poi sposato Luitgarde Bismarck, nipote di Ruth von Kleist-Retzow, altra figura di rilievo della Resistenza.
Prettamente montanelliane sono solo le forzature e le inversioni di senso della storia. I ripetuti incisi su Mafalda di Savoia ogni volta che ci sono morti per bombardamenti – la principessa era dopo la guerra la fidanzata d’Italia. O Hitler “che usava fare troncare la testa con l’ascia a chi propalava barzellette sul regime”. I tedeschi “scesi in guerra senza entusiasmo”. I “campi di concentramento degli ebrei” già nel 1938. Dove già si commettevano “atrocità” e sui quali circolavano “dicerie” che suscitavano “orrore anche in molti degli stessi nazisti”. Harro Schulze-Boysen, organizzatore dell’Orchestra Rossa, ridotto a “intellettuale surrealista”. E il solito, accattivante, conformismo dell’anticonformismo: porsi dal lato dei deboli, sconfitti, perdenti, ma sempre per un altro potere vincente: Hitler voleva “consegnare l’Europa al comunismo”.
Prettamente montanelliane sono solo le forzature e le inversioni di senso della storia. I ripetuti incisi su Mafalda di Savoia ogni volta che ci sono morti per bombardamenti – la principessa era dopo la guerra la fidanzata d’Italia. O Hitler “che usava fare troncare la testa con l’ascia a chi propalava barzellette sul regime”. I tedeschi “scesi in guerra senza entusiasmo”. I “campi di concentramento degli ebrei” già nel 1938. Dove già si commettevano “atrocità” e sui quali circolavano “dicerie” che suscitavano “orrore anche in molti degli stessi nazisti”. Harro Schulze-Boysen, organizzatore dell’Orchestra Rossa, ridotto a “intellettuale surrealista”. E il solito, accattivante, conformismo dell’anticonformismo: porsi dal lato dei deboli, sconfitti, perdenti, ma sempre per un altro potere vincente: Hitler voleva “consegnare l’Europa al comunismo”.
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