Bush continua la politica dei calci in bocca a Putin. Che reagisce sgraziato – quelle nude conferenze stampa con se stesso che mette in scena alla tv, non ha neanche una claque di giornalisti. Fa il compare di Ahmadinejad, che solo aspetta di ridicolizzarlo, anche lui, magari sul Caspio. E minaccia armi risolutive, anche lui.
La situazione è di una semplicità disarmante. Si prenda la Russia, il più grande paese europeo, un ottimo mercato quindi, con risorse enormi di gas, e anche di petrolio. Prescindendo un momento da Putin, che ha reso decente una Russia scaduta a mafia, ma è sospettato di usare metodi da Kgb, compreso l’assassinio degli avversari. Conviene avere la Russia mafiosa oppure rispettabile? E allo sbando oppure governata, anche se con metodi da Kgb? Agli Stati Uniti possono convenire entrambe le prime opzioni – è contestabile, ma va’ a sapere. All’Europa sicuramente convengono solo le seconde opzioni. Ma, riottosa a Bush in tutto, l’Europa è su Putin e la Russia abulica, se non allineata e prona.
Si prenda poi Bush. Il presidente americano sarà folle, come vogliono i volubili (anti)americanisti italiani. Ma la politica americana degli ultimi quindici anni è lineare e scoperta: tenere aperti o creare zone delle tempeste sul fianco destro dell’Europa, nei territori palestinesi, in Irak, nell’ex Jugoslavia, e ora in Iran, in Russia e in Turchia. Sono gli anni di Clinton e Bush, del dopo-comunismo, e della globalizzazione, che si governata dal Pacifico, tra Stati Uniti e Cina.
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