Generali deve restare territorio nullius, questo il senso del no di Draghi a Geronzi nel gruppo triestino. Per ora.
Il governatore è stato sollecitato in questo senso dal patron di Intesa, Bazoli, in colloqui nemmeno tanto riservati nel corso della settimana. Geronzi ambiva alla vice-presidenza di Generali in qualità di uomo Mediobanca, che quella posizione detiene col suo ex presidente Galateri, in quanto primo socio del gruppo assicurativo. Ma Geronzi non è Galateri: sta in Mediobanca come depositario della maggioranza relativa, di Unicredit-Capitalia, e in tale veste è stato visto anche da Trieste, oltre che da Bazoli. Il patron di Unicredit Profumo non ha aiutato l’impresa, dichiarando che le altre posizioni di potere di Unicredit-Capitalia saranno smobilitate, eccetto quelle necessarie a “garantire l’indipendenza di Generali”.
Visto in questi termini, il no preventivo di Draghi sarebbe per Geronzi un grosso smacco, insolito per uno navigato come l’ex patron di Capitalia, sempre estremamente prudente. Che tra l'altro ha aperto a Draghi la strada, altrimenti preclusa a doppia mandata, al vertice della Banca d'Italia. E con Bazoli, se non ha un rapporto di amicizia, ne ha però stretti sul piano della politica. Guardando la vicenda nell'insieme, la candidatura intempestiva di Geronzi e lo stesso no di Draghi servono in realtà a far nascere una candidatura Geronzi alla presidenza di Generali, non a una onorifica vice-presidenza. Nella logica del "se ne parli". Bernheim è avvisato.
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