venerdì 19 ottobre 2007

Marconi, "Per la verità" - e un po' di realismo

“Le conoscenze sono per forza vere” (p.24). A meno che uno non bari con se stesso.
E, Wittgenstein, “si dubita per ragioni ben precise” (p.26).
“C’è un modo in cui le cose stanno, e quindi ci sono proposizioni vere (quelle che dicono che le cose stanno in quel modo” (p.29).
“Ci sono valori che non riconosciamo come tali”, anche se li praticano altre persone o comunità (p.128).
“La tesi della tolleranza universale è assolutistica” (pp.129-130).
“Il relativismo morale non è soltanto una posizione teorica difficilmente difendibile, ma è moralmente riprovevole”.
“La verità è cosa banale e quotidiana” (p.152).
È un libro di logica, sorprendente per un tascabile, ma anche, per la concisione, sorprendente in filosofia, per il taglio polemico, ancorché sottile, per la scansione, “Verità”, “Relativismi”, “La paura della verità”, un richiamo all’ordine. Argomentato, impegnato, compassionevole, ma antidoto dichiarato al disarmo mentale. Reagente delle debolezza che è al fondo della crisi perdurante, tra estetismi e sansebastianismi. La verità però confina tra parentesi (p.151): “(la verità non appartiene a un regno più sublime dell’umile dominio dei fatti)”. Nel ritorno al common sense: “Tutti i giorni abbiamo bisogno della verità, ed è un bisogno spesso soddisfatto. Perché non riconoscerlo?” (p.157).
Diego Marconi, Per la verità, Einaudi Tascabile, pp.172, euro 10,00

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