Successo annunciato per Veltroni e, purtroppo, successo annunciato di votanti, che nelle ultime tre ore si sono più che raddoppiati - erano solo un milione e mezzo alle 17, a nove ore dall'apertura dei seggi. Ma anche tre milioni di italiani impegnati nel Partito democratico sono niente, checché si dica – con 35 mila candidati e 70 mila volontari: è un altro partito del 4 per cento o poco più. Magari migliorerà, ma il nuovo partito è alla nascita un’occasione perduta, per un motivo scoraggiante. Gli (ex) democristiani e gli (ex) comunisti non se la sono sentita di schierarsi dietro Veltroni per il motivo sbagliato: perché non si sono sentiti garantiti dalla nuova leadership nei loro maneggi e piccoli privilegi (il nipote di Giacomo Mancini, parlamentare socialista, è arrivato a denunciare, in Parlamento, pressioni fisiche e minacce da parte di ex Pci al suo paese, senza meraviglia). Può darsi che Veltroni trovi, con la sua insuperata abilità di comunicatore, la via per sciogliere queste riserve, ma non senza piegarsi alle mafie politiche. Le fondamenta attuali del partito sono peraltro labili: a Roma i Parioli e il Centro Storico, via Giulia, cioè, il rione Monti e gli immigrati.
Non riesce a sinistra quello che è riuscito a destra con Berlusconi e Forza Italia, che dopo quindici anni di divagazioni (il partito tv, il partito del capo, il partito di plastica, eccetera), gli scienziati della politica scoprono primo partito in Italia. È la sinistra meno flessibile politicamente, più incistata nei pregiudizi? È più avida? Ha più affarucci da proteggere?
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