lunedì 29 ottobre 2007

Veltroni vittima del suo (ex) Partito

Il non detto del Partito democratico comincia a emergere. Ma le cose stanno peggio di quanto il trionfalismo perdurante lascia intravedere: la persistenza dei vecchi apparati è soffocante. In provincia le lotte non sono finite con le primarie, gli (ex) Dc sempre più diffidano del rullo compressore Ds, che ha mantenuto la compattezza e la vecchia militanza. Veltroni avrà bisogno di molta energia per smantellare gli apparati, anche se si dice certo di arrivare al 30-35 per cento del voto. Altrimenti si troverà su un fronte di retroguardia, la metà di questa quota, che è quella dei Ds, difficile peraltro da mantenere dopo gli smottamenti di Sinistra democratica e dell’astensionismo da perplessità.
Le indicazioni non sono buone. Il Candidato rischia di restare intrappolato nel trionfalismo su cui ha costruito il partito. Mentre il voto resta prevalentemente radicato, in Italia come in ogni altra democrazia. La rivoluzione giudiziaria, la cosidetta Seconda Repubblica, le gogne mediatiche e i talk show non hanno scosso le vecchie subculture dominanti, la confessionale e la comunista. Il voto di opinione, secondo tutti gli studi sui flussi, quello che cambia le maggioranze, ha un’estensione massima di cinque punti percentuali, fra i due e due milioni e mezzo di suffragi. Per arrivare al 30 per cento Veltroni avrà bisogno di catturarli tutti, e questo obiettivo è ancora lontano, soprattutto al Nord. Il sostegno entusiasta dei media, dalla Rai a Ferrara, è ingannevole, il Nord è perplesso su Veltroni. Al Sud il Candidato avrà da superare le riserve già attive di molti (ex) Dc.

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