Va al macero Peter Tompkins, "Dalle carte segrete del Duce" (si può comprare al Remainders) e “Una spia a Roma” (si può compare nei supermercati a tre per uno), sulla guerra di liberazione della capitale nel 1944. Libro questo per molti motivi importante. Non ultimo perché fa “vedere” come e perché gli Stati Uniti perdano le guerre, malgrado la supremazia di mezzi e uomini, quando sono costretti a scendere dall’aereo e occupare un paese. Com’è difficile battersi contro l’occupante, e non tanto per colpa sua. E com’è (ancora) difficile stabilire che la guerra di liberazione non la fecero soltanto i comunisti: il libro di Tompkins, che più che di sé parla di Franco Malfatti e di Giuliano Vassalli, due leader socialisti della Resistenza, del montezemoliano Maurizio Giglio, e di Giustizia e Libertà, va rapidamente al macero dopo avere aspettato quarant’anni una traduzione, dal 1962 al 2002.
Tompkins fu l’uomo dei servizi americani d’informazione a Roma dopo lo sbarco ad Anzio, quando la liberazione della capitale sembrava e avrebbe potuto essere imminente. Fu inviato da Villiam Donovan, un avvocato amico di Franklin Delano Roosevelt, che poi sarà il procuratore speciale di Norimberga, allora a capo dell’Oss. Un comando militare incompetente procurò temporeggiando tanti lutti innecessari a Roma, spiega Tompkins. Servito da “colonnelli al comando dell’Oss che di spionaggio capivano poco o nulla, che non parlavano l’italiano, che non conoscevano l’Italia, e non distinguevano un fascista da un antifascista”. L’Oss diventerà poco dopo la Cia. Era impensabile, Tompkins scriverà dopo la guerra allo storico Donald Downes, “che da parte nostra si potesse fare tanto per rendere difficile la vittoria!”
Questo probabilmente è un buon segno: gli Stati Uniti, malgrado ultimamente siano sempre in guerra (sembrano ormai in un qualche episodio di “Guerre stellari”), non sono una nazione militarista. Negli Usa ci sono i militari e ci sono i politici, e non fanno piani comuni, non c’è un piano Usa per governare il mondo. Ma è anche un segno cattivo: per gli Stati Uniti forse no, altrimenti rimedierebbero, per i paesi a cui infliggono le loro guerre di liberazione sì, poiché li costringono al macello. Prendendo di preferenza a collaboratori, ora come allora, i peggiori arnesi dei regimi che combattono: a Roma informatori, confidenti e fascisti di preferenza agli uomini della Resistenza, per quanto questi fossero infinitamente meglio informati, finendo infiltrati in ogni azione, anche minima. Donovan si era intanto dimesso dall’Oss per non appoggiare la svolta di Salerno, il sostegno al re e a Badoglio. Lo storico Downes, predecessore di Donovan a capo dell’Oss, si era dimesso in aperta polemica con la politica di fiancheggiamento dei badogliani invece che delle forze democratiche della Resistenza.
“Una spia a Roma” si legge come libro della vita quotidiana nel 1944: la capitale “passeggiata” dai tedeschi, in varie fogge e con vari mezzi, da camicie nere, e da ragazze e signore magari fasciste ma non mai talebane. Come testimonianza storica è il resoconto di un lungo, lento, sanguinoso tradimento. Tompkins, un americano mezzo italiano, morto a settembre 2006 di 87 anni, era rimasto legato alla Resistenza, e presenziava ogni anno alle celebrazioni del 25 aprile a Roma.
Peter Tompkins, Una spia a Roma, pp. 384, Auchan e Remainders, tre libri Saggiatore per €9,80
Nessun commento:
Posta un commento