“L’avventura di una città” è un omaggio a Milano, i cui tanti titoli il risvolto riassume efficace. Spigliato, pieno di aneddoti, divertente. Marta, milanese gentile, ha voluto ricostruire negli ultimi tre secoli la crescita della città, da borgo minore a capitale morale. Ma poi tutte le città hanno in qualche modo operato per il bene della patria, anche Napoli per dire, tutte sono capitali di qualcosa. Se è del bene della patria che si parla. Il sottotitolo “tre secoli di storia, idee, battaglie che hanno fatto l’Italia” si può applicare ugualmente a Torino. O a Roma. Ma anche a Firenze, che ha “fatto” il Manzoni. E a Palermo, perché no. A Venezia.
Milano è sicuramente, come Marta non si esime dal ripetere, il luogo dell’illuminismo italiano – con Napoli: la storia ha di queste sorprese. Di una religiosità convinta e composta. Della nota operosità. È volentieri generosa. È uno dei posti più ricchi del mondo – se non, probabilmente, il più ricco. Ma è – la Milano di oggi, per l’Italia, per il futuro - anche altre cose. “L’avventura di una città” si ferma al 1969, quando l’allora giovane commissario di Ps Achille Serra viene mandato e Piazza Fontana per lo “scoppio di una caldaia”, e deve invece chiedere “almeno cento ambulanze”. Da allora, e sono quarant'anni, Milano è la capitale - la fomentatrice -dell'antipolitica.
Dapprima con le parole di legno della rivoluzione. Poi con la presunta autodifesa della Lega. Milano, Milano 1, il cuore della città, è la capitale del leghismo – dopo esserlo stata del fascismo: di una reazione scomposta ai problemi del Sud che non la lambivano neanche, cui ha dato in più votazioni più del venti per cento dei suffragi, e poi la guida della città. È da quarant’anni la capitale della violenza politica, da Piazza Fontana a Feltrinelli e Calabresi, e al terrorismo che infine vi si è innestato. Del segreto della violenza politica. Dove si sono fatti ripetuti processi politici, che sempre sono una violenza. E il linguaggio ne è la prova: il birignao vuoto, ripetitivo,
sterile, che ha imposto all'Italia.
Milano è soprattutto la capitale di quella questione morale che è essa stessa la questione morale dell’Italia: è la capitale della corruzione. Si ruba di più ovviamente dove maggiore è la ricchezza, ma a Milano si ruba impunemente. Il riscontro penale alla Procura non interessa, se non si tratta di politici, e in sede civile non si arriva a sentenza prima dei dieci anni. Milano è il luogo del ludibrio della legalità. Che con Mani Pulite ha privato l’Italia della funzione politica, e tuttora la tiene sub judice, con le intercettazioni, i pentiti di comodo (i falliti, talvolta bancarottieri), le indiscrezioni, una stampa anche violenta. E alla politica ha sostituito e sostituisce Berlusconi e Prodi, un uomo d’affari e un andreottiano minore.
Marta Boneschi, Milano, l’avventura di una città, Mondadori, pp.428, rilegato, € 20.
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