Con tatto, col tempo, con procedure normali, ma il “cuore napoletano” della Procura milanese cesserà presto di battere, il cosiddetto pool ex Mani Pulite. Dagli avvocati peraltro definito la “cellula”, la “cosca”, la “cupola”, variamente ma sempre in termini non lusinghieri. La decisione sarebbe stata materia di conversazione di Antonio Mancino, il vicepresidente del Csm, con parlamentari ex Dc a lui vicini, nella convinzione che il presidente della Repubblica, che formalmente presiede il Csm, non si opporrà.
L’orientamento viene giustificato con tre motivi. Il processo penale a carico del sindaco di Milano per le nomine è opinabile e poteva essere risparmiato. Le dichiarazioni già rese da Clementina Forleo, il gip milanese rimosso dal Csm, e quelle che sicuramente renderà, gettano ombre non dissolte sulla Procura, sia sul cosiddetto pool che sulla dirigenza. Le frequentazioni dell’ex magistrato D’Ambrosio, ora parlamentare diessino, delineano un pool di partito.
Le ultime due motivazioni si collegano indirettamente anche al disagio di molti ex Dc nel Partito democratico, ritenuto troppo centralista, o ex comunista. La convinzione di Mancino che il capo dello Stato non si opporrà nascerebbe invece dal disagio di Milano. Il flirt della città con la Procura, da qualche tempo indebolito, dopo la kermesse anti-Berlusconi, si è interrotto col procedimento a carico del sindaco per le nomine al Comune. Borrelli, il capo storico dei grandi magistrati napoletani a Milano, ha cercato di rimediare dando ragione a Letizia Moratti. Ma la procedura è ormai avviata, anche se non decisa. La severa critica che D’Ambrosio, altro capo storico dei napoletani, ha rivolto a Borrelli va letta alla luce di questi orientamenti. Con l’effetto più probabile di confermarli invece che, come D’Ambrosio può aver sperato, di bloccarli.
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