Napoli è la nuova capitale morale d’Italia, lo scettro lo sta rapidamente sottraendo a Milano. Teatro tredici anni fa di un teatralissimo avviso di garanzia a Berlusconi “capo dei capi”, la città assume ora in proprio il ruolo di moralizzatrice pubblica, mandando essa stessa sotto processo il capo di Forza Italia, dopo l’operazione Gomorra e Calciopoli. Tutti processi che si celebrano ora a Napoli, e non più a Catanzaro, Potenza, Roma, Torino e Milano, sottoprocure di Napoli. Con migliaia di toghe all'opera (per Calciopoli si anunciano centinaia di costituzioni di parte civile), nella propria capitale del leguleismo. Al coperto di una superiore Giustizia tutta napoletana, dai vertici del Csm alle presidenze di commissione del Csm. Speditiva e inflessibile, come nei casi Murolo, Loren e Tortora, Napoli si conferma incontestabile capitale della Repubblica, dopo esserlo stata del noto benemerito Regno.
Ora i magistrati napoletani lavorano in casa, con giornalisti napoletani, con la consueta intelligenza superiore, con la serietà che si vede dagli atti di Calciopoli, e dalla indiscrezioni su Berlusconi. Senza intenti persecutori: le loro sono tutte indagini nate “per caso”. Non ci sono cioè gruppi d’intercettatori, né pubblici né privati, che offrano dossier già confezionati, ma iniziative casuali della Procura, che portano invariabilmente a risultati di grande conseguenza. Dev’essere un effetto della locale Smorfia. O la fortuna di Beatrice e Mancuso, i procuratori che il caso specialmente favorisce. Anche il timing è fortunato: il processo a Berlusconi parte il momento dopo in cui si è deciso l’affondo contro le larghe intese sulla legge elettorale.
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