zeulig
Asceta - È tutto corpo, è un fissato.
Ateismo – È un religione – diabolica: è un dogma.
Barbarie – Sempre la barbarie prevale sulla civiltà.
È così ce si abbattono gli imperi – e si ricostituiscono.
È per questo che non c’è progresso lineare, è una sommatoria, per la barbarie insorgente.
La civiltà è un accumulo, ma di residui.
Borghesia - È da sempre in crisi, senza idee, senza principi, senza animo. Da quando ha vinto la Rivoluzione e comanda il mondo. O da quando si fanno i romanzi, all’incirca la stessa data.
Gli autori dei suoi ridicolissimi romanzi, “Bovary”, “Il tempo perduto”, sono però abilissimi. La sua speciale capacità – la sua forza - è il ridicolo?
Chiese – Sono per il turismo, non per la fede. Ma attraverso il turismo – la cultura – la religioe rigurgita, seppure in modo tenue, dissipatorio. Ancora una volta ha torto Freud, “diffondete la cultura e si svuoteranno le chiese”: il turismo reintroduce nella cultura laica le chiese. E cioè, sotto forma di santi, storie, tradizioni e, per quanto ne può risentire un turista affranto, emozioni, la religione.
Classico – S’intende quello che ritorna, un revenant. Anche un rêvenant.
È la più geniale, fortunata, duratura costruzione della storia. Onesta ma imperiale. Culturale ma incisiva, e anzi hard: gli ordini dell’architettura, le proporzioni, la prospettiva, le grammatiche della filosofia, le leggi della politica e dell’economia, tutto questo è stato ed è ben consistente. È l’Occidente, che il classico ha inventato quale misura di se stesso. È due millenni e mezzo – retrospettivamente: classico è anche appropriarsi del passato, seppure con qualche problema (la storia è classico indefinito) – di storia universale. Occultando il semplice incontrovertibile fatto che l’Europa viene dall’Asia, l’Occidente dall’Oriente. Il che a sua volta non vuole dire nulla, è un semplice fatto evolutivo.
Contesto - È contestabile.
Coscienza – È l’altro lato del subconscio. Altrettanto inattendibile.
Deserto - È pieno di se stesso. Mette al centro se stesso e la solitudine cioè, scarnificando le illusioni. È vivo nel senso che scolpisce di ognuno il contorno – il deserto di sabbia come quello figurato..
Dio. È in effetti cosa da teologi, se c’è e come fa. Ma è anche la storia divina di tutti, compreso chi non esprime né merita un briciolo di eternità, il quale altrimenti non sarebbe che un ammasso di gas e d’acqua. È la storia, Napoleone compreso.
Non è buono. È povero, ignorante, stupido, cattivo normalmente – è in questo che la Bibbia ha ragione. È furbo, carrierista, egoista, duro quando è al suo meglio e più ha successo. La religione è un rimedio a Dio.
È umano. È solo umano, Lui stesso lo sa, che nella Bibbia si prospetta uomo, seppure in fieri.
È l’impossibilità.
L’impossibile è qualcosa che si vorrebbe – essere, avere, sapere. Dio è questa tensione, in questo senso è umano.
Sarà fuori dal mondo, ma nessuno che ci crede fa a meno di un suo figlio, un suo profeta, un suo compagno di merende.
Si collega al bene e al male e questo è male: bene e male sono cose tutte umane, incerte, mutevoli, perfino opportunistiche. Lo stesso l'onnimani, è un male. Dio è un derivato - nel senso tecnico, finanziario, della parola – di qualche poeta o lestofante in vena di regalità. Dio è un principio attivo, direbbe un farmacologo.
Ironia – È conservatrice: non rivolta, disinnesca la rivolta.
Media – Sono sempre più parte dell’apparato repressivo e non dell’opinione pubblica.
O l’Opinione è apparato repressivo? Tanto più duro per essere subdolo – avvertito, flessibile.
Opinione pubblica – Ma è la realtà virtuale!
Altro che coscienza vigile della nazione, democrazia, libertà! È finzione. È più spesso sopraffazione, del più dritto (capace) ma anche del più potente e del più ricco.
È il fascismo contemporaneo. Non manesco, ma altrettanto violento e invadente.
Preghiera – S’indirizza in realtà a sé stessi e agli altri, non a Dio. La divinità ne è un punto di forza, m chiedere si può solo a sé e agli altri, individuati e indistinti.
È consolatoria perché è propositiva. È un proponimento.
Scoperta - È riconoscersi. Si fa per immedesimazione. Con un ambiente, una persona, un’opera d’artista.
Tempo - È la paura della morte – è un metronomo, che batte la morte.
In altri orizzonti di passaggio, nelle stelle, nei fiori, nella durata cioè e nell’effimero, lo stesso tempo e lo stesso mondo si caricano di ebrietà. Sicuramente non ci piacerebbe morire in poche ore, e nemmeno durare per un’eternità, come i fiori e le stelle, e tuttavia non ne ricaviamo un’accentuazione della paura che ci incute il tempo terribile. Al contrario, è come se l’effimero e l’eterno si sgravassero di questo sgradevole incumbent. Ci liberano dalla pura della morte, che è scadenza, a tempo.
zeulig@gmail.com
giovedì 6 dicembre 2007
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