Giuseppe Leuzzi
Viene dal Nord, più che l’ecologia, la pretesa all’ecologia. La carta viene dalla Scandinavia, ne è la prima industria, ma loro sono i protettori dei boschi, è altrove che i boschi si tagliano scervelloticamente. Ora i governi del Nord Europa adotteranno il flight sharing per recarsi ai vertici europei, due-tre volte l’anno, nel presupposto che l’Unione europea sia qualcosa di troppo meridionale, sprecona. I virtuosi sono Benelux, Svezia e Danimarca, cui la Gran Bretagna potrebbe aggiungersi. “Risparmieremo otto voli l’anno”, fa sapere il premier olandese Balkenende. Il che non è vero: il suo aereo deve atterrare ogni volta a Bruxelles, e poi decollarne, all’andata e al ritorno, il che equivale a dire che il primo ministro belga – quando il Belgio ne avrà uno – potrebbe lo stesso usare il suo aereo senza inquinamento ulteriore. Non è vero per Balkenende, che dovrà comunque partire e tornare su Schipol. Un aeroporto che registra 500 mila voli l’anno.
È ipocrisia, non stupidità naturalmente. Anzi è una logica: non fare pretendendo di avere fatto meglio degli altri, se non seguendo il proprio interesse. L’abito normale del nordico: dire è essere.
Arzignano, la capitale del distretto conciario vicentino, si pone a modello d’integrazione dei suoi quattromila lavoratori stranieri. Ma ha un problema col “forte odore” del curry usato in cucina dagli indiani.
Milano calorosamente accoglie la bellissima principessa del Qatar, intelligente e molto colta, venuta a onorare la prima alla Scala col titolo di “sceicca”. L'accoglia affettuosamente a suo modo, per i milanesi quest'araba dev’essere una “negra”. Sceikh vuol dire vecchio, e per estensione saggio.
L'Eni, il grande gruppo milanese che i principi del Qatar aveva invitato per concludere l'acquisto del gas, di cui l'emirato è uno dei più ricchi al mondo, dovrà ritessere la tela. La superficialità di Milano va oltre gli interessi.
“Ciò che è misantropico è falso”, scriveva il filosofo francese Alain alla filosofa Simone Weill, che progettava saggi risentiti. Il risentimento, su cui nulla si costruisce, è la passione forte del Sud, un revanscismo vago, che si traduce in lagnosità: inesistenti diritti, colpe immaginarie, risarcimenti impossibili, eccetera.
Il leghismo è assertivo. È per questo produttivo, a differenza del risentimento. Il fatto, anche se non dichiarato, di ritenersi superiori e migliori. È per questo produttivo, benché ridicolo, incolto, impaziente. Il Sud invece affoga nel risentimento. Evidentemente incapace di ogni mossa leghista: non mangiare il panettone, per esempio. Pretendere un vero federalismo fiscale, esteso all’Iva, la tassa iniqua che i consumatori del Sud pagano ai produttori del Nord, anche quando la fabbrica è al Sud. Oscurare magari le tv di Berlusconi, invece di votare in massa per lui.
La tradizione scozzese che s’inventa nel primo Ottocento, spiega ad abundantiam Hugh Trevor-Roper, è quella falsa dei violenti highlander, mentre la Scozia si era fin’allora caratterizzata per una tradizione civile. Il principio che la moneta cattiva scaccia la buona vale anche per la tradizione.
La tradizione scozzese fu inventata dagli inglesi, per una serie di motivi. Fu un quacchero inglese del Lancashire, Thomas Rawlinson, a inventare il kilt, la gonna plissettata scozzese, per agevolare il lavoro dei suoi manovali nella con cessione boschiva che aveva in Scozia, impediti dal plaid informe avvitato in vita, l’unico abbigliamento che i poveri si potevano permettere.
Omertà. È una cosa corsa, sarda. Residuo quindi ligure o toscano. È stata importata al Sud con tutto il resto e ora gli viene imputata.
In Vittorini trova Calvino “l’istinto delle scelte vitali”. E aggiunge: “Come in tanti siciliani diventati milanesi con entusiasmo”.
Tantissimi. Perché questo istinto si esercita bene a Milano, male in Sicilia.?
Calabria. Erodoto diventa cittadino della colonia di Turii, fondata da Pericle per ovviare all’incremento demografico di Atene. Anche Protagora si reca a Turii e ne diventa cittadino. Ritornato in Atene, è accusato di empietà, e muore fuggendo in Sicilia.
Calabria. Ancora nel 1968, il peggio che il protagonista di “Belle su seigneur” riesce a pensare della sua innamorata è che essa se la faccia con un Calabrese. V. p. 671. Ca. LXXXIX, terza-quartultima pagina.
Terremoti, alluvioni, colera, niente ha fatto peggio di Garibaldi per il Sud. Che lo adora. Il Libertador non arriva da fuori: ci si libera, non si è liberati, c’è chi vuol’essere liberato, chi è pronto, e chi no. E se arriva deve portare la libertà: Garibaldi è stato un conquistatore e non un liberatore, non gliene è mai fregato nulla del Regno che ha liberato, solo della sua gloriola.
La Sicilia sfida le leggi della probabilità. In un universo di eventi, in un’elezione con più candidati, è impossibile che la totalità dei voti converga su un solo candidato. Perfino la Calabria, che avendo dato il nome all’Italia, e avendo un numero stragrande di Italiano all’anagrafe, votò compatta per l’unità ai plebisciti del 1861, registrò un cospicuo numero di no, sei o sette. In Sicilia invece l’impossibilità stocastica si è avverata, due volte. Leoluca Orlando, sindaco di Palermo, ha preso il cento per cento dei suffragi espressi in due sezioni elettorali nel 1993. Alle elezioni comunali che lo videro vittorioso con il 75 per cento dei voti, tre su quattro, record mondiale, pur avendo a concorrenti personaggi e orientamenti stimabili. L’evento è tanto più apprezzabile in quanto non soltanto la città di Palermo era, a detta dello stesso Orlando, mafiosa, ma le due sezioni unanimi erano in quartieri ad altissima densità mafiosa. La seconda sfida alla stocastica l’isola lanciò nel 2001, dando a Berlusconi tutti i 61 parlamentari parlamentari che essa elegge. Nemmeno con i resti la sinistra riuscì a rimediare qualcosa. In questo secondo caso la straordinarietà della Sicilia si combinò con i noti poteri taumaturgici del Cavaliere.
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