Il mercato ha rincarato tutto in Italia. Dove negli ultimi quindici anni, della rivoluzione morale e del non governo, i prezzi sono raddoppiati due volte: per effetto dell’euro, col subdolo concetto che il 2 “vale” 1, e prima ancora per effetto del mercato. In regime amministrato non c’è verità dei prezzi, e quindi il paragone con l’Italia semibolscevica di prima non si può fare. Ma il confronto con gli altri paesi di mercato, dagli Usa alla Svizzera, dice che il mercato italiano è carissimo. Per effetto principalmente delle azioni di governo, e delle Autorità settoriali, sempre governative, che dovrebbero proteggere gli utenti-consumatori, in una sorta di sovietizzazione dell’economia, se non della società, di corresponsabilità nel monopolismo - il mercato ha solo senso se è a protezione del consumatore, dal carovita, dalle inefficienze, dagli abusi.
È cara la frutta, di cui l’Italia il giardino: è più cara che nel resto d’Europa, le arance costano meno a Francoforte e Stoccolma. È cara la carne , anche quella gonfiata d’importazione. Sono care le banche, i medici, la benzina, i matrimoni, gli affitti e i mutui. Senza speciali connotazioni di qualità: la sanità, specie quella dei carissimi specialisti, non è mai risolutiva, anche dopo le innumerevoli analisi. Del mutuo non sono cari i tassi, non possono, ma tutto il contorno che la banca allora ci ha costruito sopra, da pagare tutto e subito. Un mutuo in Italia prende sei mesi di tempo, contro i sei giorni delle banche inglesi, e costa fino a diecimila euro subito, per nessun motivo anche se a vario titolo: 2-4 mila euro per un consulente (un consulente per il mututo!), 2 mila di assicurazione per danni all’immobile nelle more della pratica mutuo, 4-8 mila euro per protezione reddito, contro eventuali licenziamenti dell’uno o l’altro coniuge.
Solo il treno è meno caro, ma a che prezzo tutti lo vedono, di pulizia e affidabilità. Il gas, l’elettricità, le autostrade e le assicurazioni, che aumentano col 2008 del doppio dell’inflazione, sono i più cari in assoluto in Europa, e quindi al mondo. Le banche hanno fatto il miracolo, dopo tante liberalizzazioni e sotto l’occhio compiaciuto del liberista governatore Draghi, di azzerare la retribuzione dei depositi, e di raddoppiare i costi di custodia, delle specie e dei titoli. Tutte insieme, miracolo della concorrenza. Sei mesi per un contratto del gas, dopo aver pagato sessanta o ottanta euro. Linee telefoniche fisse dove si sente sempre meno. Dove l’adsl cade in continuazione. Impossibile peraltro da avere in tre quarti del paese, malgrado le provvidenze. Telecom vuole un contributo attivazione di 200 euro, per muovere due tasti su un computer. Fatsweb, che ve invece mandare un tecnico per un paio d’ore, si accontenta di 45. Una volta cambiato l’operatore non si può più ricambiarlo, altrimenti si perde il numero: la portabilità si limita solo a una mossa, con la quale si diventa prigionieri dell’operatore alternativo. E se non si protesta si continua a pagare a Telecom l’affitto dell’apparecchio: due euro al mese, più Iva, 14,40 euro all’anno, più del costo dell’apparecchio, per decenni.
Sono incredibilmente più care tutte le tariffe controllate dalle ineffabili Autorità, il cui costo di gestione, sommato al caro-tariffe, rende il tutto anche quattro volte più caro che nei deprecati paesi capitalisti. Le Autorità sono dei governicchi, o dei parlamentini. Con segreterie, auto blu, autisti. Con relazioni annue cui invitano l’establishment. Molto presenti ai talk-show. Con retribuzioni elevatissime. Le Autorità maggiori vengono a costare, tra una cosa e l’altra, un decimo dell’annuale “manovra” in finanziaria, quei cinque-sei miliardi che ogni anno dobbiamo dare in più allo Stato (le faraonate dell'inutile comissariato ai rifiuti in Campania sono quisquilie). Senza Autorità si potrebbe eliminare almeno per un anno la “manovra”, cioè lo strizzamento. Le Autorità sono di Prodi, che le ha costruite e nominate nel 1996. L’(ex) Dc aveva, e non intende mollare, l’energia (Eni, Enel) e i telefoni, da qui il brutale benservito a Tronchetti, e ora ha anche le banche, quasi tutte: ecco dov’è il sovietismo in Italia, nella Dc.
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