Si può dire il miracolo di Tommaso, anche se lo presenta l’Istat, che ha solo note positive per il Tesoro di Tommaso Padoa Schioppa e per il governo: il pareggio di bilancio, quasi, nel trimestre solitamente più deludente per la finanza pubblica. In attesa della trimestrale di cassa, l’Istat anticipa che al 30 settembre il pareggio è stato quasi raggiunto. L’Istat non dice come, e i giornali trionfali non se lo chiedono. Sempre in attesa della Trimestrale di cassa, possiamo dirlo analizzando la serie storica che l’Istat acclude al Conto economico trimestrale al 30 settembre. La pressione fiscale è salita al 43,7 per cento del pil: era al 42,7 a settembre 2006, e al 40,6 nel 2005. Abbastanza per pagare una spesa corrente che è in aumento del 3,7 per cento. Un aumento non da poco, considerando che il Conto un anno prima era gravato della notevolissima spesa straordinaria di 16 miliardi per far fronte al rimborso Iva sulle auto. La spesa in conto capitale è invece più che dimezzata: dai 28,2 miliardi del settembre 2006 si scende a 13,2. Non c’è molta virtù in questi conti: più tasse e più spese correnti.
L’aumento delle entrate fiscali il Tesoro attribuisce nelle sue Relazioni di cassa pregresse “all’azione di contrasto all’evasione e all’erosione delle basi imponibili”. Insomma, alla revisione delle fasce di reddito per i negozianti e gli artigiani. Che però in troppi casi è consistita nella tipica azione sbirresca d’imputare al fruttivendolo di Ostia per dodici mesi il suo fatturato di agosto. L’aumento delle tasse è in realtà è composito, di maggiori entrate per la congiuntura economica positiva (imposte dirette, Iva, capital gain e ritenute sui dividendi, contributi sociali), e di più tasse (bolli, accise, addizionali sul reddito – quella dei Comuni è triplicata). Nei dodici mesi a fine settembre le imposte dirette sono passate nella rilevazione Istat da da 45,5 a 51,3 miliardi. Ma per un terzo (v. Relazione di cassa a fine giugno) l’aumento è dell’Ires, e per un terzo dalla voci “Altre”, cioè le addizionali comunali e regionali.
La spesa corrente è peraltro molto compressa dalle spese differite, di cui non si sa l’entità, ma si sa che sono elevate. Solo a Roma, per dare un’idea, l’Ama reclama dalla Regione e dallo Stato 81 milioni di arretrati della tassa sui rifiuti, Agenzia delle Entrate in testa. Molte opere sono ferme perché le fatture non onorate dalle amministrazioni pubbliche sono vecchie di ventiquattro e più mesi. Mentre il monte salari della Pubblica Amministrazione, che l'Istat fa figurare in calo, dovrà assorbire montagne di aumenti pregressi, per i tanti contratti di cui si procrastina il rinnovo. Quanto all’indebitamento netto, che il Conto riduce allo 0,5 per cento del pil, bisognerà aspettare la Notifica dei parametri di Maastricht, che porterà in chiaro le operazioni di swap, che ci sono state, da parte della tesoreria (nella Notifica gli swap sono da considerare debito, mentre nella metodologia dell’Istat sono neutri).
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