Gli scambi fra la Cina e l’Africa, che cinque anni fa si aggiravano sui nove miliardi di dollari, si sono sestuplicati nel quinquennio: a fine 2007 dovrebbero essere ammontati a 50-60 miliardi di dollari. Per effetto del caro petrolio, e soprattutto a seguito di una deliberata politica d’investimenti. Nel quadro della corsa cinese agli investimenti esteri, che li ha visti raddoppiati nel 2007, l’Africa ne assorbe in proporzione crescente. I gruppi cinesi sono interessati alle materie prime, in particolare a quelle minerarie. Ma numerosi documenti cinesi e studi sulla componente estera in Cina valutano il continente africano sul punto del decollo, un po’ come la potenza asiatica trent’anni fa con il lancio delle modernizzazioni di Deng.
Investono in Africa, spesso a titolo gratuito, come biglietto da visita, la China National Petroleum Corporation e la Sasac, l’ente per la gestione delle industrie di Stato, l’Eni e l’Iri cinesi. Il China Metallurgical Group, anch’esso statale, è interessato al minerale di ferro e al rame. La Banca Industriale e Commerciale di Cina, privata, ha acquisito il 20 per cento della Standard Bank, la prima del Sud Africa e dell’intero continente. La stessa banca concorre, in alleanza con altri gruppi cinesi, all’acquisto di Rio Tinto, il gruppo minerario anglo-australiano con forti interessi in Africa.
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