Non è vero che l’Italia vota a destra - Galli della Loggia sul "Corriere" - e la sinistra solo casualmente va al governo. L’Italia repubblicana ha sempre votato a sinistra, per il 55-60 per cento del voto, a meno di non considerare i socialisti e i repubblicani parte della destra, roba da Comintern – i successi di Berlusconi nel 1994, nel 1996 (sì) e nel 2001 sono dovuti al voto laico e dei socialisti, da Bonaiuti a Sacconi, Tremonti, Frattini, La Malfa eccetera.
Non è vero che la sinistra è vittima del suo programma. Delle due o trecento pagine del programma. Queste sono americanate - la maniera italica, cioè democristiana, di recepire l’America - di per sé innocue. È vittima del non programma. Il programma è nei fatti: la competitività, la precarietà (del lavoro, delle retribuzioni, e ancora di più della previdenza), la riduzione o compressione del reddito reale, per effetto dell’inflazione e, soprattutto, delle tasse. Il fisco, tariffe pubbliche comprese, è insostenibile. Lo vedono tutti, eccetto la sinistra, che si rappresenta nei giovani non lavoratori, e nei lavoratori dipendenti – con la ritenuta alla fonte l'imposta sul reddito è pagata dal datore di lavoro e non dal lavoratore. Ma per il sessanta per cento degli italiani la voracità dello Stato, delle Regioni, dei Comuni è disastrosa, per i pensionati in particolare e per i nuovi lavoratori. Il programma di Prodi invece si sperdeva nello zapaterismo. Che voleva realizzare con un buon terzo della maggioranza di osservanza confessionale….
La sinistra è vittima della sinistra, l’Italia è vittima di questa sinistra. Consegnata a Prodi. Che è un figlioccio di Andreotti, quando è al meglio. Quando Veltroni neo segretario degli ex comunisti dieci anni fa andò nel suo torneo cimiteriale alla tomba di Dossetti ma non di Nenni, il presunto nuovismo disse subito la sua confusione. L’Italia è vittima del non detto di questa sinistra. I prodiani non hanno mai fatto ammenda di tutti gli abusi della Dc. Basti citare la cessione della Sme a De Benedetti, caso oltraggioso di strapotere e malgoverno, poi rigirato da giudici compiacenti a carico di Berlusconi. I nipotini di Togliatti si limitano a non citare il nonno, nel mentre ne perpetuano la lezione.
Questa sinistra è compiaciuta, questa la sua tara. Non critica, ma trionfante. Per la superiorità morale che si attribuisce, anche quando ruba. La superiorità di cui la incensano gli imbonitori tv e i giornali dei padroni. E' rumorosa, occupa la piazza, in città e in televisione, sempre vincente e strafottente. Dalla Sapienza ai cannoli di Palermo fa male vedere tanti giovani già pronti in divisa, irreggimentati, all’ora giusta, al posto giusto, con gli slogan calibrati, tutti uguali, implacabili. È una sinistra conformista, per quanto sia assurdo. Ed è resistenziale. Questa sinistra è da oltre trent’anni al governo, con brevi interruzioni. Ma si vuole resistenziale, in senso negativo, della rivalsa. È cioè vittimista: rancorosa, anche contro l’elettorato, revanscista, sarcastica.
È anche, paradosso dei paradossi, una sinistra bancaria, e un po’ speculatrice. In altri tempi si sarebbe detta sinistra dei padroni, con la scusa della modernizzazione. Campioni della sinistra sono i grandi banchieri, Draghi, Profumo, Bazoli e lo stesso Geronzi, che dopo le liberalizzazioni fanno la banca più cara al mondo, più lenta, più vessatrice. O i grandi speculatori, quelli degli affari dubbi, a danno sempre dei risparmiatori e delle regole: Soru, De Benedetti, Colaninno – nella tradizione dei Soros, Maxwell, Stavisky, Parvus, i grandi signori del denaro? È di questa sinistra perfino Montezemolo, il presidente della Confindustria.
È così che Berlusconi, un avversario ridicolo, stravince. Tronfio, baüscia, noioso, superficiale, il suo voto non è, non può essere, una scelta, ma una protesta. Continua, perseverante. Se questa sproporzione, di arroganza e scioccheria, non gli giova. Può essere, visto che si circonda di consulenti e sondaggi. Nei suoi quindici anni di politica almeno un centinaio di feroci best-seller sono stati pubblicati contro di lui. Alcuni diffamatori, che lo dicono mafioso, e trafficante di cocaina. Ma non si querela: l’arroganza degli altri gli fa gioco. È tuttavia, al tirare delle somme, meno dannoso, molto meno di chi occupa le poltrone per amici e parenti, degli orridi magistrati sbirri, della giustizia politica, e delle vestali a cachet, della politichicchia isterica.
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