Tra le riforme elettorali di Veltroni, i non possumus di Dini, Di Pietro e Mastella, e le emergenze (rumeni, rifiuti, potere d’acquisto dei lavoratori, feste e congressi dei partiti e, si spera, il gelo), la linea politica del governo si manifesta: evitare le elezioni nel 2008. Dopo, qualcosa potrà cambiare in meglio, ma ora come ora Berlusconi vince 6 a 4 e quindi la questione è chiusa. La tentazione di schiacciare subito Veltroni è forte nel Pd, da Franceschini a Parisi, e le elezioni sono per questo una tentazione, ma Prodi ha detto no: le elezioni si faranno quando i diessini residui nel Pd saranno pari agli ex Dc, o in numero inferiore - ma non è argomento, questo, che turbi il presidente del consiglio: sta a Veltroni dimostrare la sua abilità di leader.
Come occupare l’anno è tutta l’agenda politica di Prodi, navigatore principe. La procedura più semplice è una tempistica della Corte costituzionale che ammetta i referendum elettorali in modo che la consultazione si tenga il 29 giugno o il 6 luglio. Non è difficile, e il più quindi è fatto. Dopo l’estate ci sarà la legge finanziaria, oltre che il dibattito post-referendario, e il 2008 si può ritenere già passato.
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