Secondo il giovane Engels “i complotti sono non solo inutili ma dannosi”. Ma la teoria è vecchia, c’è un galateo stagionato del golpe annunciato. E si può pensarla fine a se stessa, inoffensiva, come la argomenta Josef K., personaggio eponimo dei complotti, che Kafka nel “Processo” fa accusare di un delitto ignoto: “E ora il senso, signori, di questa grande organizzazione? È di far intentare dei processi senza ragione, e in gran parte pure, è il mio caso, senza risultato”. È che così c’è più suspense: la democrazia è come i “Promessi sposi”, non vi succede mai nulla.
Il complotto è, come il giallo, genere democratico: ognuno è un detective, e basta poco per creare golpe a diecine, ordinari. È insomma un gioco, ha ragione Kipling. Divertente anche, se non ci fossero i morti. Senza disprezzare il fenomeno secondario: indurre la credenza pubblica, il regime politico è ancora elettorale. Ma sui segreti non bisogna indulgere. Il complotto è oggi realtà per apporti plurimi. Per essere il ricamo della storia, la traccia dell’antichista e del filosofo, la partita a scacchi che ricostruisce e disegna la trama. L’ipotesi è la cosa più sicura, tutto il resto è cao-s-uale. È la causa di Heisenberg - o ne è l’effetto. Il principio d’indeterminazione, Wittgenstein vi s’imbatté senza riconoscerlo: criticare è perturbare, analizzare è trasformare, riflettere trasforma il problema. È come in artiglieria, molto influisce l’osservatore. E il percorso: i venti, le ondulazioni del terreno, gli effetti ottici. Per l’impossibilità accertata di subordinare la verità di un enunciato al suo assetto formale. Ci sono tante verità quanti sono i percorsi per arrivarci. Lo sa per primo lo scrittore, l’ha sempre saputo prima di Gödel, la cui opera varia per le stesse condizioni materiali dello scrivere, oltre che per il suo stato di salute e l’umore. Freud, dice Auden,“in nome suo viviamo ormai vite diverse” – anche se, Woody Allen l’ha scoperto, a tenerlo su è l’industria dei divani.
Un percorso è l’irriducibilità del caso o del disordine. E poi? Niente, non si esce dall'unitas multiplex, il complotto eccolo qua. E si creano martiri, non per la causa, per il nemico. È straordinario. Con la parallela riscoperta del tradimento libertino, vicendevole, il tradimento fra traditori. Dalla coppia che fa l’amore pensando ognuno ad altro partner, al doppiogiochista, il traditore che porta qualcuno a tradire, e poi lo tradisce. Che, è evidente, non è un gioco intellettuale. “Sono le idee più che gli interessi a dominare il mondo”, ha ben spiegato Lord Keynes, miglior marxista di Marx. Compresa l’idea di un amico nemico, infiltrato, spia. Karl Liebknecht, eroico socialista tedesco, oppositore lineare della guerra del kaiser, divenuto la bandiera dei servizi d’informazione francesi, cioè di disinformazione, passò in Germania per nemico del popolo.
O sia il complotto la storia vista dai camerieri. Per cui Lenin è un generale tedesco, Hitler è, anche questo si sa per certo, il papa Pio XII, e la regina Elisabetta Churchill dimagrito - ci si è sempre chiesti che fine avesse fatto Churchill. È narrazione sempre avvincente. La Stazione Finlandia è un bel plot, verrebbe un bel film, con Lenin nel vagone piombato della Wehrmacht, protetto dai marescialli tedeschi per fare la rivoluzione. Il vagone piombato è un avanzamento: nel prece-dente della storia il principe Ferdinando, pretendente al trono di Bulgaria, era rientrato a Sofia da Vienna nel 1913 nascosto nei gabinetti del treno, anche se si trattava dell’Orient Express, allora lussuoso. Un altro tipo di storie vede l’oro manifestarsi in piombo, il piombo tramutarsi in colomba, e la colomba uscire candida da una pozza putrida, tutto in un soggetto e anzi in una persona, spesso in unità di tempo e luogo. Alcuni schemi logici aiutano, del tipo “da una parte...dall’altra”, oppure “o...o”. Sono logiche povere, messe a punto da francescani e domenicani alle prese con l’Inquisizione, alla portata di chiunque. Alla fine non si stringe nulla, ma se piace è divertente. È come allo stadio: si canta, si urla, ci si accoltella pure, senza guardare la partita. Non è dunque la storia dei camerieri disprezzabile, come Hegel voleva, e il conte Tolstòj, che metteva le mani avanti - “non si può essere grand’uomo per il servo, perché il servo ha un altro concetto della grandezza”: si può essere camerieri e eroi.
Il complotto è esercizio logico prima che paranoico, e unisce tutti, quelli che convergono dall’isolamento. Tutto vi è ineluttabile, una volta recisi i ponti con l’esperienza, e con gli studi: come la gelosia, il terrore si nutre di sé. Altra cosa dalla solitudine, dal dialogo con se stessi, che prepara all’incontro con gli altri e la vita. Ma, per questo stesso motivo, dei misteri non c’è un repertorio esauriente, non può esserci. La scienza è alle elementari: dell’acqua solo sa che è idrogeno e ossigeno. O dell’amore che è una reazione chimica, direbbe Ninotchka. Si continua a dire che il sole sorge e tramonta alcuni secoli dopo Copernico, il quale spiegò che a girare è la terra. L’uomo è inconciliabile con la realtà, la natura? In parte sì, per la percezione anteriore. Sarebbe diverso se potesse sapere tutto ciò che si dice a parte o si pensa, o vedere a 360 gradi, in orizzontale e in verticale: scomparirebbero forse allora alcuni tormenti non intelligibili, destra-sinistra, amico-nemico, elevato-ignobile. Non resta che Heidegger: “La curiosità per cui niente è segreto, la chiacchiera per cui niente è incompreso, danno a se stesse, cioè all’Esserci che le fa proprie, sicura malleveria di una vita veramente “vissuta””.
La paura, direbbe Hume, l’“ansiosa preoccupazione”, è il principio delle religioni. Ma non bisogna averne paura: l’idea del complotto prospera quando non c’è vera paura. Quando negli Usa si scoprì che Lee Oswald era stato a Mosca, era tra gli Amici di Cuba, ed era in odore di mafia, il presidente Johnson ordinò a Earl Warren di smontare il complotto. L’ipotesi mafia avrebbe scardinato l’assetto politico. Mentre il complotto comunista avrebbe reso la guerra necessaria, e al primo colpo quaranta milioni di americani sarebbero morti, Johnson si fece un rapido calcolo. Si dice complotto per dire. Lord Cromwell, una roccia, scopriva un complotto ogni due mesi. Mentre un famoso complotto ebreo e socialista, come si sa, tenne la Germania alla fame nei quindici anni dopo la sconfitta del 1918.
Piace sapersi in mano a forze segrete – la negazione, in realtà, della politica. Bisogna credere all’inesausta capacità di male Bisogna tornare a credere all’eterno, al diavolo. L’uomo non è polvere, o gas, o quello che materialmente è. E dentro il Complotto, avendo una guida appropriata al male, si può riconoscere agevolmente questo o quel complotto. “Che bella occupazione prepararsi un segreto”, dice Kierkegaard brillo, “che tentazione goderselo”. Il complotto si lega non al sospetto ma all’ermeneutica. La teoria del complotto deve trovare i significati delle espressioni letterali, o delle forme o eventi apparenti. L’ermeneutica è stata a lungo scienza di giurisperiti, oltre che dei teologi amanti della Bibbia, e a lungo dei materialisti storici. Si fonda sulla lettura dei significati impliciti. Il complotto è femmina per il barone di Verulamio, la ribellione maschio. Ma “fra tutte le imprese degli uomini nessuna è grande come la Congiura”, scrive l’abate di Saint-Réa, lo stesso della “Congiura degli Spagnoli contro Venezia”, allievo dei gesuiti: “(Sono) questi i luoghi della storia più morali e istruttivi”. Non si può dismettere il complotto, anche i bolscevichi presero il Palazzo d’Inverno entrando alla spicciolata da una porta secondaria dimenticata aperta.
E tuttavia non c’è nulla da dire al complotto, se non tirarsene fuori. Il complotto non è onorevole, la vecchia sindrome della “reazione in agguato”. Popper argomenta che uno che vede complotti dappertutto o è un dogmatico o è un totalitario.
La “prova di Godel” che “Zero” manca (pour cause?) è che il complotto è nella fattispecie materia iraniana. Elaborato a Teheran, è stato diffuso da Teheran dopo la guerra all'Iraq per dimostrare che i sunniti non possono essere gli autori dell'11 settembre, ne sono incapaci, e sono anzi traditori, al soldo degli americani, con tutte le “prove” che si sono lette e viste in internet, Osama e al Zawahiri al soldo degli Usa. Con le code note: “Al Jazira” oltranzista, che ha periodicamente da sette anni e in esclusiva i video di Bin Laden, e li trasmette a due passi dalla base americana più grande del Mediterraneo e del Medio oriente, per aprire la quale l'emiro del Qatar ha fatto un golpe contro suo padre, è creatura e proprietà del medesimo... Oppure: non sarà la Zeromania un altro trucco della Cia (l’avete notato? la Cia è scomparsa...).
Forse non è cattiveria, piccola speculazione editoriale. C’è in questi contributi di gente riflessiva – c’è pure Gore Vidal – il segno di una delusione. Un rimprovero, più che l’accusa di aver montato la vicenda, a seguito di una delusione: la fine della storia, l’impero pacifico, la sconfitta del male, tutto bruciato in pochi minuti dentro la fortezza stessa del mondo bell’e sistemato, se non del paradiso restaurato.
Giulietto Chiesa (a cura di), Zero, Piemme, pp.417 €17,50
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