C’è, fulminante, la sorella Ida, la “madre” amata (pp.61 segg.) C’è a seguire Maria l’isterica, la “figlia”, dal “sorriso vaginale”. Ida, la maggiore, è la madre desiderata- convoitée, di cui Maria, la minore, è gelosa. O, alla fine, l’incursione tra il voyeuristico e il feticista nei cassetti della biancheria dei fratelli Pascoli. C’è più di una pagina felice in questo ripetitivo, non ben registrato, riesame psichiatrico di casa Pascoli. Il poeta morto di cirrosi epatica a 59 anni, del troppo bere. Del dispiacere. Del dolore di vivere. Affascina anche l’impianto (pp. 164 segg.): che il dolore non è originario, l’assassinio del padre, la morte per dispiacere della madre, bensì è indotto da Maria. In ménage a trois sempre più improbabili, dapprima con Ida, le due sorelle uscendo dal convento, poi col cane Gulì. E si sfiorano soggetti pregnanti di proficui sviluppi. Giovanni bisognoso, che arranca all’università con borse di studio, ma si laurea a 27 anni. I due fratelli poco di buono, di cui uno sicuramente incestuoso con la propria figliastra e ricattatore (anticipazione ben reale di tanti romanzi neri fra compagni nel torbido post-Sessantotto).
C’è qualche svarione: Musolino, uno dei personaggi eponimi di P., è “brigante siciliano” a p.140. A p. 206 “ Pascoli “commemora a Barga la grandezza della uerra di Libia e l’eroismo dei suoi morti” nel 1907. M soprattutto pesa c’è la “prova”Andreoli. Che s’interstardisce a ipotizzare un amplesso del poeta con Ida, “un unico amplesso” (p.170) ma “talmente meraviglioso da cambiare una vita”. Pur proponendo ripetutamente la formula “se solo si pensa al tempo e alle abitudini”, i modi d’essere dell’epoca. E pur imbastendo la sua analisi su un Pascoili infelice, depresso, alcolista, mortuario, schiavizzato da una isterica, o al più immaturo: “Giovannino era, dal punto di vista emotivo, un immaturo” (p.172).
Si legge a spizzichi questo studio psichiatrico di casa Pascoli per il freudismo di scuola, obbligato, che le fa da sfondo. Contro ogni evidenza, anche se “crepuscolare”, direbbe Borgese, meno avventurosa. Pascoli dev’essere omosessuale, seppure latente. E incestuoso, se dice alle sorelle: “Ho il dovere di essere il vostro babbo”. Mentre era nella cultura dell’epoca che un fratello si occupasse delle sorelle orfanee, e non dei fratelli. Andreoli interpola a spezzoni uno storione familiare d’incesti e matrimoni di convenienza che lascia freddi: Giovanni ama le sorelle più piccole, con Ida ha rapporti sessuali, compreso il defloramento, che, scoperto da Maria, porta Ida al matrimonio lontano in Romagna. Senza peraltro alcuna pezza d’appoggio, benché Andreoli abbia avuto largo accesso all’archivio di Castelvecchio, ancora in buona parte intonso. Dove invece la storia è ordinaria. È tragica per essere l’ordinario di un sistema di vita. Quello di fine Ottocento, il biedermeier ritardato dell’Italia umbertina, in cui molti giovanotti, nonché non sposarsi, non coltivano pulsioni sessuali, il fratello, uno dei fratelli, si occupa delle sorelle, e si fanno conti infiniti su ogni lira – per molti aspetti la famiglia Pascoli ripete la famiglia Schopenhauer, già documentata e analizzata, che è biedermeier puro. Come sono fine secolo, umbertini, crispini, primatisti, i funerali di Verdi e di Pascoli – Carducci? Carducci era repubblicano, benché infatuato della regina..
Vittorino Andreoli, I segreti di casa Pascoli, Bur, pp. 248 €9,20
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