giovedì 14 febbraio 2008

Napoli attacca l'Italia anche sull'aborto

I guardiani della legge napoletani mettono le mani inflessibili anche sulla sanità, dopo la spazzatura, il calcio, il lavoro interinale a San Marino e in Calabria, e le sporchissime Mani Pulite. Non sulla malasanità di cui la città è la capitale, ma sull’aborto, sulla legge che regola l’aborto terapeutico. Sulla pace umana, familiare, civile e politica che su quella legge si è fondata per un trentennio. Nell’intento naturalmente non di distruggerla ma di salvare la legge.
Vista da Napoli la realtà dev’essere, malgrado tutto, divertente. La madre quarantenne che ancora non è sveglia dall’operazione e che deve giustificarsi di fronte a baffuti poliziotti di aver perduto un bambino altrove farebbe venire eczemi e conati di terrorismo. A Napoli è normalità, se c’è un rimpianto è che Eduardo sia morto e non possa farne una scena. La normalità dei procuratori della Repubblica, che, tutti napoletani, quando sono a Napoli sono eccezionali, fuori di ogni immaginazione.
Uno dice: perché i procuratori della Repubblica sono napoletani? Perché il concorso è nazionale, non si possono mettere delle quote. E questo è affascinante, che un paese di lunga tradizione qual è l’Italia si lasci dissolvere dalla sua parte peggiore, i paglietta venditori di fumo.

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