C’è un che di macabro nella partita che si è aperta sull’aborto. Le partite sono un evento gioioso, ma non più come usa ora in Italia, che si svolgono in televisione, urlate e non giocate, con sospetti, sgambetti, e sputi ai giocatori. Si parla dell'aborto con una superficialità che è raccapricciante, tanto più per marchiare persone che si vogliono serissime, impegnate, compassionevoli, cultrici del bene pubblico, laiche. C'è un difetto di laicismo, come già nella polemica sul papa alla Sapienza, ma c'è anche di peggio.
C’è un che di gioioso però, accanto al macabro, e proprio là dove uno non se lo aspetterebbe, nei corridoi e dai balconi del Vaticano. Dove un papa intellettuale ha riportato la palla sul campo vero, ribaltando l’oscura ottica – o è un’etica? – abortista: dell’eutanasia dei malformati, e del puro e semplice controllo delle nascite. Un’ottica che poi oscura non è, è eugenetica. Basta vedere com’è praticata là dove non è stata dismessa dopo Hitler, in Svezia, in Olanda.
È macabro che la sinistra, dove pure ci sono tante anime pie, se non papaline, e compresi gli iperprudenti (ex) comunisti sempre attenti agli umori di Oltretevere, s’imbarchi nell’eugenetica. Non avendo letto, o forse non sapendo più concepire, cosa ne scrissero all’epoca della legge e del referendum sicuri laici, Bobbio, Calvino, lo stesso ministro Amato.
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