zeulig
Ateo – Non è speculare al credente, ne sa di più. Si crede per fede, si è atei convinti.
Cambiamento – Più che ridere o piangere è il proprio dell’uomo: la curiosità più della passione.
Classico – È ciò che sconfigge il tempo, si dice. Anche Hitler dunque? O non è il senso comune? Ogni epoca ha i suoi classici: i classici cioè sono i segni del tempo, sua trasposizione.
Comunicazione – Latita straordinariamente nella molteplicità delle immagini e dei messaggi, così ampiamente diffusi tra le masse atra verso i tre canali: cellulare, computer, e tv, via etere, via satellite, via cavo, coi loro intrecci e le innumerevoli estensioni. L’information technology è nata con la connotazione del bisogno dell’inutile. Che si rivela forte e non debole quale appare. Mai marketing ha potuto essere così aggressivo, e il ciclo dell’obsolescenza-ricambio così breve, quasi mensile. Con costi di manutenzione in esclusiva che impongono la sostituzione. Con l’ausilio di Autorità di controllo del mercato che invece sono d’ausilio (assolvono e ripagano).
Nelle società ricche (mature) e nelle altre: s’impone un’economia che non è gestione della penuria ma moltiplicazione dei bisogni. In forma di sudditanza, per l’evoluzione tecnologica che consente un marketing spietato. C’è un monopolio dei consumi in quanto compulsione incontrollabile, lo shopping, anche se non giuridicamente rilevante. Che elimina la possibilità di capire e calcolare: la moltiplica dei modelli, delle tariffe e dei gadget riduce il potenziale logico.
Cristo - È un po’ vantone (“in verità, in verità vi dico”, “sono venuto a portare la guerra”, eccetera), nient’affatto modesto.
Decadenza - È triste, e irresistibile. Perché è un sentimento e non un fatto, è un meccanismo interno: una guerra di se stessi a se stessi. Un’aggressione esterna porta generalmente una reazione, o comunque una consolazione: in qualche modo ci si ritiene nel giusto. La tristezza, la depressione, l’Angst sono l’equivalente del tumore: è organismo interno che deperisce contagiosamente, he si rompe in qualche punto e reagisce aggredendo il resto di se stesso.
Forza – È degli stupidi soprattutto, e dei folli.
Gioco - È sempre perdente. Massimamente al casinò, al betting with no odds.
Si vince soltanto, ipoteticamente, contro gli altri: la Schadenfreude è l’altro aspetto del gioco.
Genitori – I figli devono loro molto. La tristezza tutta.
Libertà – La libertà è il suo stesso limite, il limite della libertà. Che va applicata anche a chi la combatte.
Male – È molto più dell’illegalità. È questo che fa il limite – o l’attrattiva – del giallo? La malvivenza (furto, violenza, corruzione) sarà u cinque per cento, un dieci, del male che ognuno incontra nella vita, a opera della natura, malattia compresa, nel lavoro, negli affetti, in se stessi.
A fronte del male l’illegalità, assassinio compreso, è quasi un sollievo.
A volte lo crea il bene, sotto le specie degli affetti, della buona azione. È in questo caso il più terribile. È imbattibile, pena l’annientamento.
Occidente – È la cultura della decadenza, il culto del passato, della rovina, della morte. Dappertutto altrove invecchia e muore la natura, ma non la cultura.
È l’effetto del movimento a freccia, che il bersaglio intermedio sia fallito o sia centrato: c’è impazienza per il passato, che si vendica. L’Occidente è un arciere in corsa affrettato, che si vendica: capisce poco.
Piacere – È il presente – l’uso, il gusto, del presente.
E' tema settecentesco, della libera intellettualità di corte. Della libertà cioè come l'aveva modellata Luigi XIV, applicata alle cose inutili.
Proust – Il libro è un mostruoso diario adolescenziale.
È l’ultimo lirico. È realista ma lirico: il ricordo è materia lirica – onirica, fantasmagorica, ma con impianto lirico.
Apprezzabile in quanto evita le fumisterie esoteriche del Fine Secolo e del suo mondo, Montesquiou, Laure de Chevigné, Anna de Noailles, la contessa di Greffhule, l’imperatrice Eugenia…
Va per tipi, o archetipi: la duchessa, il duca, il bambino, la zia, la cocotte, la gelosia… Che fanno la storia, ma senza immaginazione (scarti) e quindi senza residui: gli si dà ragione, senza soffrire, né appassionarsi.
È maestro della psicologia costruita. Della psicologia in quanto disciplina, medica, filosofica. Sistemica.
Della società che non è e non fa. Immune anche all’amicizia, come a ogni passione. Tenuta insieme dall’autostima, o disprezzo del mondo, fuori del quale pure non si sa vivere. Nelle forme, certo, dell’empressement (la Sorge) e della gentilezza, della buona educazione.
Il male che ha fatto all’amore con le fanciulle in fiore, che invece, se sono belle come ogni germoglio che cresce, sono realiste (calcolatrici, furbe, reticenti), come le trentenni, o quarantenni, anzi di più, è in realtà colpa di Kleist e gli altri folli tedeschi.
Rivoluzione - È solo occidentale. È il cristianesimo, il messianismo compiuto. La guerra di Cristo è il dovere del paradiso in terra.
Santi – Sono grandi distruttori, delle anime che poi salvano.
Usano il fermo immagine, si fissano in una posa: grandi semplificatori.
Scrivere - È vizio innocuo perché è arte immutabile. Non solo per l’alfabeto, anche per gli stilemi. Anche la grafica, e le modalità tecniche, sono sempre le stesse. Pensare non si fa più alla stessa maniera, scrivere sì: una minuta variazione della grammatica o della sintassi prende secoli. È peer questo rassicurante, e vizio diffuso malgrado le storie della letteratura.
Storia - È la natura degli uomini, benché incarnata – ma l’incarnazione è per gli uomini solo naturale.
Tradizione - È rivissuta liricamente e in questo tradisce l’ermeneutica, di cui pure è il pilastro. Può essere tragica, giocosa, icastica, neutra.
È sempre divisa, anche con asprezza. Il ritorno non unisce: si ritorna a un altro se stesso, s’irrobustisce quello in cui si crede, fondandolo, o circondandolo, con la tradizione.
È sempre esclusiva. Tanto più per essere personalizzata.
È coltivata, non è un atto di nascita anagrafico, è costruita.
Nella tradizione si è sempre estranei.
Viaggiare – Si viaggia sempre disordinatamente - è dopo che si stabilisce un piano, nei ricordi, nelle foto, nei libri di viaggio. Per un bisogno d’interruzione. Dei in esilio esistono, ma solo nello scanzonato Heine, il caro Henri: scappare è prerogativa dell’uomo. Condivisa coi gatti.
zeulig@gmail.com
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