Non ci ha mandato Antonio Stella ma con Erika Dellacasa il “Corriere della sera” oggi non è da meno. Il porto di Gioia è mafioso. Cioè, non è mafioso ma vorrebbe esserlo. Cioè, non vorrebbe esserlo ma potrebbe. L’interlocutrice Cecilia Eckelmann Battistello è spalla più che volenterosa: come ogni sei mesi da tre anni a questa parte, denuncia che imbarcherà le sue gru e se ne andrà. Anche se ha preso tanto traffico per fine 2007 e tutto il 2008, malgrado l’apertura del terminale concorrente di Porto Said, che non riesce a gestirlo, neanche su tre turni, da qualche mese si fa la fila davanti al porto, e stallie e controstallie fioccano. Questo non lo dice, ma, manager accorta, la signora Battistello non nasconde al “Corriere” che intende raddoppiare Gioia Tauro entro il 2012. Malgrado la mafia ovviamente.
Questo è il problema: alla Contship-Eurogate della signora Battistello il porto terminale più grande del Mediterraneo non basta, vuole una nuova banchina subito, e la vuole tutta per sé. Ma questo non interessa al giornale di Milano. Milano, giustamente severa, vuole sapere della mafia. E la Battistello fa i fuochi d’artificio d’ordinanza: “Quando negli anni Novanta hanno tentato di estorcerci un dollaro e mezzo a container abbiamo fatto denuncia”. Negli anni cioè in cui il porto apriva. E un dollaro e mezzo era il margine per il trasporto e il trans-shipment messi assieme. Senza contare che a Gioia e in Calabria non c’è un’organizzazione in grado di pretendere un pizzo di un dollaro e mezzo, e neanche di mezzo dollaro. Si può raccontare di tutto, evidentemente, ai giornalisti. Ma bisogna che siano compiacenti. E il “Corriere della sera” assolutamente non può accettare che il porto di Gioia funzioni, abbia sempre funzionato, con gran guadagno della Contiship, di Eurogate, e di ogni altro operatore. Se non c’era la signora Battistello. Che in Africa, dice con giubilo a Dellacasa, si troverebbe meglio.
“Cebi”, Cecilia Battistello, detta “Sibi”, all’inglese, non è antipatica. Bella ragazza veneta, con residenza a Cipro prima di sposare il signor Eckelmann proprietario di Eurokai-Eurogate-Contship, primo gruppo di shipping europeo, con nove mlioni di container movimentati l’anno (la metà a Gioia Tauro… ), è l’erede del furbissimo Ravano, l’imprenditore genovese dei container che quindici anni fa si prese l’esclusiva di Gioia Tauro. Del porto di Gioia, che è costato un terzo, in soldi pubblici, del trentennale ludibrio di Malpensa. Del “Corriere” invece non si sa che dire, se non denunciarme il razzismo.
Si veda anche la vicenda Malpensa. Per la quale lo stesso “Corriere” chiede in paginate il rilancio, cioè più soldi pubblici. Malpensa che, nomen omen, dopo avere inghiottito senza profitto una diecina di migliaia vecchi miliardi, per di più ha portato al fallimento una primaria azienda quale l’Alitalia. Come se, abbandonato da Alitalia, ci fosse la coda al terminale milanese di altre linee aeree… S’immagini una Malpensa, ancorché piccola, attorno a Reggio Calabria. Che, abbandonata da Alitalia, nessuna compagnia volesse usare come scalo, neppure alle tariffe da saldo di Malpensa. Sulla prima del “Corriere della sera” Gian Antonio Stella ne avrebbe fatto ripetuto ludibrio. Dellacasa non ne ha la statura, ma è ben avviata. Si vede dal piccolo capolavoro che imbastisce con la signora Battistello a proposito delle dogane, da cui sempre vengono i problemi agli operatori, anche a Gioia. Si accenna a “traffici” di cui sarebbero responsabili, ma di passata, senza infierire, perché la dogane possono venire sempre utili. E poi non sono calabresi come la mafia.
Si fatica a vedere il mite Paolo Mieli a capo di una banda di razzisti. Ma forse, per il solo fatto di stare a Milano, il “Corriere della sera” non può sottrarsi: i razzisti producono razzismo.
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