Dopo essere aumentata del 2,1 per cento nel 2006 rispetto al pil, la pressione fiscale è cresciuta ancora dello 0,6 per cento nel 2007 (dato di fine settembre). È tutta qui la verità del “tesoretto”, un punto percentuale di pil equivale a 15 miliardi. L’Istat ha ribassato notevolmente venerdì la stima di due mesi fa sulla pressione fiscale in rapporto al pil a settembre 2007, dal 43,7 al 43,3 per cento, forse non per effetto delle elezioni. Ma anche lo 0,6 pe cento è, a questi livelli, un incremento notevole.
L’Istat misericordioso non spiega come. Ma è facile accertarlo: l’incremento è dovuto tutto a chi già pagava le tasse, non c’è alcun allargamento della base imponibile. Una buona metà deriva dallo stillicidio di aumenti di bolli, diritti, tariffe, accise. L’altra metà si può imputare ad allargamento della base imponibile solo con la malafede. Nel primo anno l’aumento delle entrate Irpef è stato infatti ottenuto minacciando i lavoratori autonomi con incrementi abnormi degli studi di settore. Nel secondo minacciando i professionisti e le partite Iva con applicazioni abnormi dei parametri, che insieme all’Irpef implicano anche molta più Iva. Il meccanismo poi si conosce: fisco e commercialisti si accordano su un qualche patteggiamento, per evitare le maggiori spese del ricorso, e il miracolo di Visco è tutto qua. Non è diversa la richiesta del pizzo nelle aree mafiose.
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