Una delle prime telefonate di congratulazioni a Berlusconi è arrivata da Tony Blair: l’ex premier, che ambisce alla presidenza del consiglio dell’Unione Europea, è col suo amico italiano praticamente certo di ottenerla. La carica è prevista dal nuovo Trattato dell’Unione, che entrerà in vigore a gennaio, e configura una sorte di vero governo europeo.
Il governo italiano è la chiave per sbloccare la contrapposizione tra socialisti e popolari che rischiava di bloccare la nomina di Blair. Il fronte di centro destra gli aveva contrapposto una serie di nomi, i primi ministri del Lussemburgo, della Danimarca e dell’Irlanda, Juncker, Rasmussen e Ahern, e il presidente in carica della Commissione, Barroso. La contrapposizione avrebbe dovuto sbloccarsi, nei calcoli del governo tedesco, con la nomina dell’ex ministro degli Esteri di Berlino, Joschka Fischer, Verde e quindi accettabile dai due schieramenti. Ma la vittoria di Berlusconi torna a far pendere la bilancia a favore di Blair. La considerazione è stata fatta dallo stesso ambasciatore della Germania, Michael Steiner. La cancelliera Angela Merkel sta studiando come tornare a essere determinante, ma la partita sembra già giocata.
Quello di Berlusconi è ora il partito più forte tra i Popolari europei. Ai quali ha dato un impulso straordinario per la misura della sua vittoria elettorale. Dati i personali rapporti tra i due personaggi, e la disponibilità, di cui Berlusconi si fa una bandiera, di candidare anche personalità di schieramenti avversi, come Bonino e Amato, si dà per scontato che Berlusconi sosterrà Blair. E anzi, si dice, lo candiderà in proprio.
Contro Blair gioca il fatto di rappresentare un paese non fondatore dell’Ue, che resta fuori dell’euro e di Schengen. Ma anche gli altri candidati hanno dei punti deboli. La Daminarca è anch’essa fuori dell’euro. Il Lussemburgo è uno Stato minimo, e ora sotto contestazione come paradiso fiscale. Ahern è stato rinviato a giudizio per concussione quando era ministro delle Finanze quindici anni fa, e per questo lascerà la guida del governo il prossimo 6 maggio. Barroso, in carica come presidente della Commissione, non sarebbe una buona scelta in quanto il Trattato di Lisbona intende innovare. Blair d’altra parte, può far valere il solido impegno personale quale mezzo per europeizzare definitivamente la Gran Bretagna.
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