Quando bisognerà spiegare l’Italia di fine millennio, lo storico del futuro avrà in Alitalia l’exemplum e la prova. Il candidato dell’opposizione in queste elezioni aveva nella gestione di Alitalia un siluro perfetto contro il governo, il cui capo è all’origine di tutte le disavventure della compagnia: l’aumento di capitale irrisorio del 1996, il siluramento del buon manager Cempella per sostituirlo con l’incompetente Mengozzi, e poi, attraverso l’opposizione, col suo altro poulain Cimoli, la vendita con una finta asta che ha allontanato ogni compratore, eccetto quello predestinato, Air France. E invece il capo dell’opposizione che fa? Propone una cordata d’acquisto che non c’è. Una cordata che, coi soldi che dovrebbe mettere, si sarebbe potuta comprare tutta Air France, spiega Giovanni Colonna sul “Manifesto” (“con 1,6 miliardi di euro di capitale di rischio si può ottenere un prestito da qualsiasi banca nel mondo e, oggi, una somma del genere, 2,6 miliardi, è sufficiente a comprare sul mercato la maggioranza delle azioni Air France…”). Nelle more, il capo dell’opposizione scatena una piccola speculazione al rialzo – piccola per modo di dire, sono stati messi da parte in due giorni un centinaio di milioni.
Bene, si dirà: quell’uomo è un affarista, e non poteva fare che questo. Ma la Consob e la magistratura, che sono pagate per vigilare contro la speculazione, che è un reato, non si sono mosse. E il capo dell’opposizione, che è anche un furbo, non avrà pensato di poter meglio vincere le elezioni non attaccando il capo del governo? Per assurdo che sia, spera di vincere le elezioni col sostegno, certo surrettizio, di quet’uomo, che pure sostiene il partito avverso, e anzi in certo modo ne è il capo. Perché anche il capo del governo dimissionario vuole avere un futuro, quale capo dello Stato.
Meno contorta, anzi ordinaria amministrazione, ma non meno singolare, la vicenda della cordata "nazionale" messa su da Intesa. Dall'amministratore delegato della prima banca, Passera. Mentreil presidente Salza non solo si tira fuori: "Inutile tirarci per la giacchetta, peggio, contare sl nostro slenzio-assenso". Ma è del netto parere che non si può fare una cordata per salvare Malpensa: "Sono convinto che l'Italia possa avere un solo hub, e questo è Fiumicino".
La corruzione non manca. Ma, in tanta incompetenza, è marginale. C’è il Mengozzi che diventa consulente del compratore unico Air France, lo stesso che è amico del capo del governo ed era amministratore di Alitalia. C’è il ministro delegato alla vendita che s’intrattiene in colloqui riservati col compratore unico Air France. C’è il capo della Cisl Bonanni, amico del capo del governo, che lo accusa nientemeno che di interesse privato nella vendita.
Poi c’è Milano. Malpensa è l’opera pubblica più costosa e inutile dell’Italia, trent’anni di denaro pubblico versato nel pozzo, ma Milano vuole che sia un grande aeroporto, uno dei più grandi d’Europa. Non per il conforto dei milanesi, che scappano a prendere l’aereo ovunque eccetto che a Malpensa, ma perché Milano è Milano. Con corteo di banchieri, opinionisti, grandi giornali, e con un supporto elettorale sempre consistente dei milanesi stessi – il leghismo è uno stato d’animo, come il razzismo. Inutile rimproverare ai condottieri di Malpensa, alla Regione, alle provincie di Milano e di Varese, ai sindaci delle due città, che in dodici ani non hanno saputo nemmeno fare un'autostrada e una linea ferroviaria diretta con Malpensa. Farci arrivare il gas è stata opera titanica: i comuni attraversati hanno imposto ogni sorta di taglia.
E poi c'è il sindacato. Che scopre Alitalia dopo che l'ha scoperta Berlusconi. Se ne occupa solo per bilanciare Berlusconi, facendo qualcosa per il partito Democratico. E propone la proprietà di Fintecna, l'ultimo carrozzone politico rimasto. Non sembra vero, ma lo è.
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