domenica 6 aprile 2008
Profumo di uscita
Le Fondazioni del Nord padrone di Unicredit non sono contente di Profumo. Non è una novità: sempre le Fondazioni si sono lamentate del loro amministratore delegato. Delle cui capacità però non hanno mai potuto privarsi. Dopo la fusione con la tedesca Hvb la posizione di Profumo sembra perfino inattaccabile, poiché è il referente unico dell’intera operazione. E tuttavia sono in molti a ritenere la sua più che decennale esperienza a Unicredit conclusa. Le sue posizioni politiche, tra Bertinotti e D’Alema, contrastano con quelle dei suoi soci, e questo è il motivo principale di contrasto. Anche perché sono esibite, quasi che il manager pensasse a un futuro politico. Ma tornano pure le vecchie contestazioni. Profuno non sa valorizzare le partecipazioni importanti nell’establishment finanziario, da Mediobanca a Generali e al “Corriere”. La sua continua espansione non produce le ricche cedole che sarebbero possibili. Uncredit starebbe perdendo il radicamento nel territorio delle diverse banche acquisite, nel retail no, ma nel segmento affari sì, che è il più redditizio, ed è praticamente assente dal credto al consumo, altro lucroso segmento. A Profumo viene addebitata anche l’unica operazione intra moenia dal punto di vista politico, dell’ortodossia confessionale: l’acquisto di Capitalia-Banca di Roma, di difficile digestione. Dopo le elezioni il problema Banco di Sicilia si riaprirà, con Lombardo alla presidenza dell’isola, e Profumo ha già mostrato di non saper capire o circuire le esigenze territoaili del Banco stesso. Ci sono perfino i nomi dei manager che potrebbero prenderne il posto: Pietro Modiano, che è stato a lungo direttore generale di Unicredit, e Matteo Arpe, l’ex ad di Capitalia.
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