Niente paura, le elezioni le perde solo Veltroni: non c’è rassegnazione in Prodi, c’è una malcelata soddisfazione. Di vedere Veltroni andare incontro alla disfatta, e con lui l’ex Pci, che stava monopolizzando il Partito democratico, di cui il Professore è l’ideatore e si ritiene l’interprete. Le elezioni improvvise ribaltano la prospettiva del Pd, da iniziativa vincente a sicuro sconfitto, e a chi vive di solo potere la cosa non piace più - non c'è compassione tra le persone pie. Il silenzio dei Dc in questa pazzesca campagna elettorale - suicida - è fragoroso. Non c’è amore tra le due componenti del Pd, e anzi c’è rancore. I residui Dc sono coscienti di dovere alla disciplina ex Pci , al senso di gruppo e di appartenenza del residuo centralismo democratico, il posto in Parlamento in gran numero, molti di più di quando c'era la Dc. Ma sospettano sempre.
“Strane elezioni, senza battaglia” titola il professor Sartori. È stata una campagna elettorale assurda, come la caduta del governo che l’ha generata, una vera commedia degli equivoci. Una campagna debole, se si vuole, da età dell’acquario o del gossip, dello shopping, della happy hour. C’è stato di peggio, se Cicciolina è stata deputato della Repubblica, primo eletto dei radicali a Roma. Ma era un caso. Ora la commedia dilaga. A quattro giorni dalle elezioni non si saprebbe dire per chi si vota: la politica non si trova, nemmeno a cercarla nelle pieghe, è un deserto, seppure popolate di belle ragazze. È dunque una campagna irripetibile, e va ricordata. Ma per il Pd.
Uno dei due schieramenti corre per perdere, il partito di Veltroni. Che si immolaa una causa persa, come già Rutelli nel 2001, ma ora con tutta la sua neonata creatura. Non senza hIumour, seppure involontario. La capolista a Roma Marianna Madia, presentata personalmente da Veltroni, dichiara: “Ho una straordinaria inesperienza politica”. Mentre il suo capo rifiuta i socialisti, che bene o male valgono uno e forse due milioni di voti. Con l’effetto che, se i socialisti non ce la fanno da soli, martedì l’Italia sarà il solo paese europeo a non avere rappresentanza nell’Internazionale. Non contento,Veltroni li diffama da Vespa affabile, e il soviet della Rai impedisce loro di difendersi, Annunziata, Santoro, Riotta.
Veltroni solo si è alleati i diepietristi, che ormai sono un partito di antipatizzanti. E non si libera del Pd campano: si proclama nuovo e radicale e si tiene gli assurdi, se non corrotti, amministratori di Napoli e dintorni. Capolista a Napoli è le seconda bellezza Pina Picierno, una demitiana scelta per non candidare De Mita. Picierno si è laureata con una tesi sullo stile oratorio del politico irpino. Il quale, escluso dalle liste, si è offeso e minaccia di rifondare la Dc. Non si accontenta del risarcimento, la candidatura, nel Pd, del figlio Giuseppe, ex addetto stampa della Lazio, la squadra di calcio, nonché proprietario di una Ferrari.
Perché Prodi lo vuole dannato, ognuno lo può capire, seppure a malincuore. Ma Veltroni, perché vuole perdere? Per dimostrare di essere la sola sinistra di governo? Ma dopo la sconfitta il Pd si sfascerà. Con la generosa Madia, e la dottoressa Picierno, e altre pupille analoghe, il Pd non può fare nemmeno l’opposizione. Forse Veltroni, pur antipatizzante socialista, non conosce i democristiani, la metà del suo partito. Il modello Bettini, o modello Roma, non è esportabile: nella capitale i Dc marciano perché è la sola maniera per loro di partecipare comunque agli affari, non così in Sicilia, Veneto, Lombardia, Impania, Toscana, Calabria.
Avremo avuto un candidato progressista che si atteggia a baronetto inglese in America, la testa nel Connecticut i piedi nel Tennessee. E il programma intitola “Yes, we can”, che non dice nulla a nessuno. Credendosi ancora nel Pci di Togliatti: nomina le puledre senatrici, e i vecchi politicanti mette in berlina - senza sapere che sono democristiani e non picisti, e gliela faranno pagare, senz’altro.
Non è la sola stranezza della campagna elettorale. Che sarà ricordata come la campagna Longanesi. “Italia, in piedi!”, suona Veltroni, “Rialzati Italia!”, risponde Berlusconi. Mentre Firenze lancia lo slogan “Mendicanti in piedi!” Il titolo di Longanesi cui tutto si ispira fa “In piedi e seduti”, è più comodo. Baccini e Tabacci formano un partito. Che ha subito adesioni montezemoliane, di quelli che non hanno mai lavorato, della Rai e dei giornali di Lor Signori. Sembrano la novità della stagione, l’ennesimo partito anti Berlusconi nella vasta area di centro. Per un paio di giorni, poi scompaiono. Senza spiegazioni, senza curiosità. Pare siano tornati con Casini. Casini non vuole la concorrenza di Pizza, Amato lo accontenta.
Mauro Ceruti, buon cattolico, preside di Scienza della formazione a Bergamo, responsabile dell’Area Sapere del Pd, sarà un cascame di linguaggio sovietico?, si proclama grande scienziato, e sostiene la propria candidatura con un manifesto scritto da lui stesso a cui noti intellettuali europei avrebbero apposto la firma. È la sindrome Verdiglione? Anche lui si faceva sponsorizzare da intellettuali d'oltralpe. Calearo, il paraindustriale padovano punta di diamante dell’imprendoria democratica, nonché sicuro deputato, si augura che l’Alitalia fallisca. Caldarola, che non ha fatto i tre mandati, ma presiede l’associazione parlamentare Amici d’Israele, non è candidato per essere amico d’Israele. Anche Umberto Ranieri. A favore del Pd solo l’“Economist” e il temibile Scalfari. L’“Economist” preannuncia che darà le pagelle ai candidati italiani. Fa un convegno per preannunciare la sua classifica – pagato dal Pd? Scalfari predice alla Annunziata che Veltroni vincerà: “Ho acquisito la sensazione che c’è un trend secondo cui gli indecisi in maggioranza, attorno al 40-45 per cento, si stanno orientando verso il Pd”.
Non ci sono argomenti, in questa improvvisata campagna elettorale, se non ridire le scemenze che Berlusconi mette in circolo per occupare gli spazi: Ciarrapico dà scandalo, che prenderà, forse, i voti di Fiuggi, Bossi che imbraccia il fucile, le donne che è meglio che siano belle, i presidenti della Repubblica che sono tutti di sinistra – questo è vero. Dopo quindici anni Veltroni scopre la delegificazione di Urbani e Tremonti, e promette di cancellare il primo giorno di governo cinquemila leggi inutili. È un passo indietro rispetto al vecchio Pci, che arrivava alle cose con dieci anni di ritardo. Ma soprattutto è intempestivo: negli stessi giorni di marzo mezza Italia, quella governata dal Pd, è stata angosciata dalle bollette. Acqua, gas, luce, telefono, tutti vogliono avere certificazioni catastali accuratissime, minacciando pene di duemila euro e oltre (bruscolini evidentemente, per Visco che le ha imposte…). Non una certificazione per tutte, ma ognuna una sua certificazione specifica, l’acqua per esempio può chiedere il foglio e la particella, l’elettricità invece, o il gas, vuole il foglio e il mappale – saranno la stessa cosa?
Dal 27 marzo bisogna inoltre disporre, all’improvviso, di una certificazione di sicurezza di tutto, la luce, il gas, il televisore, l’acqua, il water, il condizionatore, le chiusure automatiche, il parafulmine. In proprio e come condominio. A opera di un apposito ordine di tecnici che ancora dev’essere istituito. A un costo di qualche migliaio di euro, oltre a molte giornate di patemi. Una trovata del buon Bersani, fiore all’occhiello, liberalizzatore e delegificatore, di Veltroni. Fino ad ora uno pensava: saranno comunisti, come li vuole Berlusconi, ma non sono scemi. Ora si capisce perché lavorano per Berlusconi.
Alle passate elezioni, appena due anni fa, c’erano sui banchi delle Feltrinelli più di cinquanta, forse sessanta, libri anti Berlusconi. Sono scomparsi. Il genere è in disuso? È il riflesso togliattiano del Pd, gli ex diessini, che si apprestano alla Grande Coalizione? Ci sono invece, non nella stessa proporzione, una diecina, i libri sulle caste, che sono i pilastri della sinistra: la casta politica capostipite, e quella dei giudici, dei sindacati, dei giornalisti, degli speculatori - non dei banchieri, quella stranamente manca, anche se molti scrittori di denuncia devono loro lo stipendio.
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