Perdere Roma ci sta, Roma è una città di destra che solo per l’intelligenza di Goffredo Bettini ha votato a sinistra: la prima volta col “modello Roma” o della Banca di Roma, la seconda con la lista di Alessandra Borghese, la terza col ciclone Veltroni. Ma perdere anche Roma per otto o nove punti di differenza, questa è una catastrofe. Non c’è altra democrazia dove un’elezione abbia mai avuto uno scarto di nove punti tra vincitori e vinti. Forse solo in America dopo la guerra civile, quando i Whigs si squagliarono lasciando il campo ai Democratici. Le leggi elettorali possono ampliare i risultati del voto, in Inghilterra con l’uninominale, in Francia col maggioritario, ma in regime proporzionale no.
Ci s’interroga perché Roma ha votato Alemanno. E perché avrebbe dovuto votare Rutelli? Si vota anche alla cieca, per la discontinuità, per la disperazione. Dice: ma Rutelli era stato un buon sindaco. Forse. Ma oggi è frusto. Era Bettini il candidato giusto, non più l’eterno ragazzo - ex - bello e magro. O un borgataro intelligente, magari, Roma centro ha pochi abitanti.
Ci sono però alcuni fatti, tecnici, alla base della sconfitta. Uno è che si perde,è matematico, senza la “nuova” sinistra, i vari comunisti, i verdi, i socialisti, i radicali. Si vince solo dove dei due candidati della sinistra, il democratico e l’alternativo, va al ballottaggio l’alternativo: i democratici lo voteranno (il caso tipico è Nichi Vendola, che così ha strappato una regione di destra alla destra, ma succede anche nelle zone compagne, ad Arezzo, a Massa, a Carrara, al Forte dei Mammi), mentre gi alternativi non voteranno il democratico (Roma. Non si vince con Casini, perché non conta nulla: per tutti i partiti il decentramento porta alla ribalta i capi voto locali, per l'Udc però in modo speciale. Quando i suoi elettori non si fanno ognuno il suo partito: si rafforza con Raffaele Lombardo il bouquet degli anti-Casini fuori dall’Udc, suoi coetanei che gareggiano con lui con i propri fedelissimi, da Mastella a Formigoni.
Si perde peraltro con la(sola) politica dell’immagine – Berlusconi non vince per l’immagine, che ha pessima. Queste sono in realtà le elezioni perdute di Veltroni. Che non si poteva legalmente candidare, ma è come se: la sconfitta della politica della sua immagine, di una politica unicamente intesa al suo personale build-up. Della carica usata per costruire l’immagine del politico, nel disinteresse totale per l’amministrazione. Nell’assentesismo degli impiegati, record in Italia, quasi il 40 per cento, nelle buche per la strada, nelle cartelle pazze, un milione, due milioni, Mentre il sindaco solo si occupava ogni giorno di uscire sul giornale – un giorno è arrivato a dotare un’orfanella… Come un qualsiasi cacicco del Terzo mondo.
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