Ernst Jünger, Visita a Godenholm, Adelphi, pp.114, €9
martedì 20 maggio 2008
Jünger spaesato nella Germania sconfitta
Sa animare l’inanimato, la terra, le foglie, le chele, lo scoglio, le ombre. È l’uomo di questa “Visita a Godenholm”, che l’autore così sintetizza.”Una volontà forte si associava in lui con lo spirito della ricerca, sempre smanioso di oltrepassare i limiti. Ma egli era troppo incostante per un obiettivo di lunga durata”. Uno che era indeciso tra il Sahara, “almeno avrei avuto il sole”, ma è quello della Legione Straniera, ove l’autore è stato in fuga nell’adolescenza, e il mare del Nord. Ospite di un personaggio esotico e esoterico che si chiama Schwarzenberg, come il paese dove l’autore è cresciuto bambino. In un paese in cui ogni giorno “il sole si alzava a malapena per un’ora sopra l’orizzonte”, senza peraltro farsi vedere, “il suo disco pallido non superava la linea delle montagne”. Davanti a un mare che è “un deserto grigio”. O viceversa, in cui “il sole scendeva per un’ora appena sotto la linea dell’orizzonte”. Umorale in realtà, indifferente ai fatti naturali. Un mondo in cui le donne, lasciate sole per anni, hanno la loro vita, la quale è “simile al sonno”, anche per il comune colore grigio.
Jünger ha un pubblico di fedeli, soprattutto critici, che lo idolatra. Ai limiti, e al di là, del ridicolo. Come visionario, se non veggente. La sua forza è però di qua dall’esoterismo. Jünger narratore è tutto punte, scostante, non ha nulla dello Jünger diarista conciso, preciso, aneddotico, sia pure di eventi scostanti come la guerra. In una prosa sontuosa, specie in questa traduzione smagliante di Ada Vigliani, ma fredda. Non è brillante, né avventuroso, né appassionante, e anzi pratica di proposito lo straniamento, se non l’ha inventato, del personaggio dall’occhio critico, del narratore che si vede narrare. Ma ha il punto di vista diverso, personalizzato: dell’entomologo, in parte biologo, del settatore, che è dettaglista, e originale.
Questa durezza si scopre qui autobiografica. Vissuta se non ricercata. È la freddezza dell’acido, delle sue visioni, se non della scrittura automatica che si pretende – si pretendeva all’epoca – per effetto della droga. In questo racconto come nel precedente “Waldgang”. E l’anno successivo nel “Nodo di Gordio”, la sua parte del libro a quattro mani con Carl Schmitt. Nel 1950 col suo editore Ernst Klett jr. e nel 1951 in Svizzera con lo scopritore dell’Lsd Albert Hofmann, Jünger sperimentò le droghe allucinogene. Secondo Hofmann ancora più volte fino al 1970. Uno dei personaggi più strutturati della Gerrmania del Novecento, che meglio di ogni altro aveva saputo tenere onore e umanità nelle due terribili guerre, l’una al fronte di battaglia l’altra al fronte dei suoi segreti avversi significati, si lascia andare quando la patria non è più. L’anarchico si è ritrovato nel 1945 senza patria offeso al cuore. “La patria” vede in questo “Godenholm” in un fulmine “riversa nella polvere come una donna, come una madre”.
Da qui la scelta del silenzio politico. Per cinquant’anni, tutta la sua vita nel dopoguerra, Jünger ha taciuto. Allo stesso modo del quasi coetaneo Heidegger, che però è morto vent’anni prima, e senilmente dava interviste, anche in televisione. Continuando a ricevere Croci al merito, in quantità, ma ai presidenti della Repubblica Federale e ai cancellieri si recavano compunti a trovarlo nel suo ritiro, specie Helmut Kohl, si limitata a dire: “Mi fa piacere”. La stessa adesione al cattolicesimo, per il centesimo compleanno, visse con un’occorrenza qualsiasi. La “Visita a Godenholm”, come l’anno prima “Der Waldgang”, conferma la scelta trappista, di solitudine, benché socievole, in fuga dalla realtà. Non dalla modernità, com’è stato detto, perché Jünger rimase fino alla fine l’uomo e lo scrittore più curiosi, ma dalla storia. Per quella che egli sentiva come la fine della Germania. Nel “Waldgang” l’anno prima di “Godenholm”, e nel “Nodo di Gordio” l’anno dopo, tratteggia uja lotta di liberazione dalle superpotenze. “La libertà fa l’Occidente”, è il tema del “Nodi di Gordio”. Che è la scoperta dell’acqua calda. Ma non per un nazionalrivoluzionario tedesco, da sempre in lotta contro l’Occidente. E infatti è una petizione debole, non mobilita l’autore. Il “Waldgang”, tradotto in Italia come in Francia, “Trattato del ribelle”, era nientemeno che un invito alla resistenza contro le superpotenze, Waldgang è maquis, la macchia, Waldgänger è partigiano. Carl Schimitt lo riprenderà dieci anni dopo nella “Teoria del partigiano”, che però resterà confinata alla Spagna di Franco.
È questo il tema della “Visita a Godenholm”, lo spaesamento: per metà della sua lunga vita Jünger ha vissuto da esule nel suo stesso paese, che non riconosceva. Ho fatto di tutto, dice il protagonista, è anche andato in chiesa, ma niente, non si appassiona. Il racconto non è la celebrazione dell’acido, dei cui effetti fa l’anamnesi nella scena madre. Jünger non è un “viaggiatore”, anche ammesso che abbia continuato l’uso dell’Lsd con l’altro centenario Hofmann fino al 1970, ma un orfano. Del 1970 è “Avvicinamenti”, il libro sulle droghe, non entusiasta. “Visita a Godenholm” è il racconto di questa disperazione (in “Avvicinamenti” lo dice freddo: “Che il mio libriccino non avrebbe avuto successo lo sapevo dall’inizio; mi fece compassione, come se avesse freddo, quando lo vidi in vetrina”). Altri hanno ritrovato slancio nel dopoguerra, rigenerandosi con la Colpa, e appagante identità nella nuova Germania, le reintegrazione nel presente e nel futuro della Germania, Jünger – e Heidegger – no. Che può essere una colpa, ma è un dato di fatto, e non insignificante.
Il “viaggio” è controvoglia. Junger, tutto tedesco qual è, sa, e lo dice, che la germanicità si è perduta nella nebbia al Nord, senza più radici latine, e poco temperata dalle ambizioni di grecità. La narrativa, qui come altrove, è costruita, allo stesso modo come la scienza politica del suo amico e sodale Carl Schmitt, come gioco di ruolo. Che è un derivato dell’arte militare, con la forza, i pericoli noti, quelli improvvisi, i sentieri che si biforcano, delle strategie e tattiche a tavolino, senza passioni se non dichiarate. Con la nota e unica sapienza della terra: il tempo, il clima, la luce, come già da giovane il campo minato, la trincea. La vita a Godenholm, luogo vicino e remoto, è semplice, “ricorda la preistoria”.
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