Dov’è finita la recessione americana? Era stata registrata quasi con giubilo, argomento perfino di talk show e rotocalchi. Una recessione non fa comodo a nessuno, ma a leggere i giornali italiani sembrava una vittoria e una vendetta: il governo americano diceva no, ma la sua economia, l’economia americana, era in recessione. Si trovano esperti per ogni verità, e comunque i presupposti non mancavano: la profondissima crisi bancaria dei mutui, il taglio del reddito spendibile, la debolezza degli investimenti. Ma per avere tecnicamente una recessione bisogna che per due trimestri di seguito il pil dminuisca. E questo non è avvenuto. Nemmeno per un trimestre.
Una corretta informazione economica avrebbe dovuto registrare anche questo fatto. Ma in Italia l’ideologia fa premio pure sulla cronaca nera, figurarsi quando è in gioco l’economia Usa. Che invece da qualche mese vede aumentare l’occupazione, la produzione, la produttività, e perfino i consumi, malgrado la crisi finanziaria. È la forza profonda della globalizzazione, o dell’area del dollaro. Con cui da un ventennio, dalle quattro modernizzazioni di Deng, l’America si tiene agganciata agli enormi tassi di sviluppo asiatici.
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