La reincarnazione di Tremonti è affascinante, per come sa gestire i giornali, ottenere l’effetto. “L’impoverimento del ceto medio europeo ha un solo esito, il fascismo”, ha detto, e zàcchete, il “Corriere” intervista gli storici del fascismo. Melograni, che ha capito il gioco, se la cava: “Un ritorno al fascismo? No, non lo vedo. Vedo però, in questo ha ragione Tremonti, un forte impoverimento dei ceti medi europei”. Emilio Gentile e Lucio Villari danno naturalmente addosso a Tremonti, per correttezza politica, ma poi si avvedono che assolvono Berlusconi dal fascismo, altra correttezza politica, e un po’ si perdono. Gentile si fa una risata, dice l’intervistatore Paolo Conti, ma poi il fascismo riduce al nazionalismo: “Fascismo e nazionalsocialismo non intendevano sfamare una quota di popolazione ma conquistare un impero”. Anzi, esclude categoricamente che il fascismo “ebbe fortuna per una caduta sociale del ceto medio”, cosa che tutti invece sanno per evidenza innegabile. Mussolini, come si sa, non ebbe una politica sociale, e non fu sostenuto dalla piccola borghesia e dal lavoro dipendente, solo dai legionari e vagheggini della donna nera. Come, ora, Berlusconi in Afghanistan o in Iran. Villari sa, ma nega: “Il fascismo non nacque solo per vicende economiche ma per una questione ideologica e politica. E oggi la crisi del ceto medio non mi pare si stia saldando con una crisi ideologica o politica”. No?
Sempre e solo politica politicante. Che cos’è la Lega per Villari e Gentile, il partito del Nord? Degli operai e dei borghesi del Nord? Sullo stesso “Corriere” del resto Paolo Macry becca lo storico di lungo corso Tranfaglia, orfano del Pci, che si sarebbe prodotto sull’“Unità” in nove puntate attorno a Giorgio Almirante. Una biografia del fascista-neofascista-doppiopettista che serve unicamente e evitare che una strada gli sia intitolata. In subordine all’anatema di rito contro il socialfascista Craxi, che negli incontri politici coi partiti in Parlamento per la formazione del governo prese a parlare anche con Almirante. Lo storico Tranfaglia conclude la sua opera ricordando che l’erede di Almirante, previa investitura, è il presidente della Camera Fini. Non sarà dunque il fascismo già ritornato?
Questo, sabato. Domenica Eugenio Scalfari commenta lungamente un articolo del “collega D’Avanzo”, cronista giudiziario di “Repubblica”, secondo il quale Berlusconi sta tentando di “separare lo Stato dal diritto”, cioè dalla Costituzione. Siamo cioè al fascismo. Ma Scalfari, forse per non dare ragione a Tremonti, dice che no, siamo al re Sole, e anzi alla parrucca del re Sole.
Nella stessa giornata Gentile non trova il coraggio su “Il Sole” di dire esplicitamente dove si è annidato il fascismo nel lungo dopoguerra. “Per molti antifascisti la peggiore eredità del fascismo non era la continuità delle istituzioni statali e pubbliche create dal regime e incorporate nello Stato repubblicano, quanto e soprattutto un certo modo di concepire e praticare la politica”, esordisce il fascistologo. E conclude: “Se il conformismo e il misticismo politico erano mali del fascismo trasmessi alla democrazia, altrettanto grave era un’altra tendenza del totalitarismo fascista che pareva avesse contagiato i partiti della democrazia, cioè la tendenza a organizzare le masse con appelli al settarismo fanatico, e la loro propensione a prevaricare lo Stato per i loro interessi, producendo così, dopo l’esperienza del partito unico, una nuova forma di dominio partitico, che fu definito fin dai primi anni dell’Italia repubblicana, con il termine “partitocrazia”…”. Mamma mia, che storia! Gentile ha il pudore di non darne la colpa a Almirante. Ma se il professore facesse ancora uno sforzo non sarebbe male - i compagni sono sempre potenti nel terzo settore, ma non più faziosi come usavano.
Il re Sole, dunque, e il fascismo. Mentre si tratta di raccogliere la spazzatura a Napoli, di evitare qualche stupro, in piazza o nelle metropolitane, uno su dieci non sarebbe già un buon risultato?, di non costruire a villette a schiera il patrimonio dell’umanità tra Montalcino e Pienza, dove sono già riusciti a riempirsi le tasche svuotando il Brunello, e al più di eliminare le mafie che reggono le regioni compagne, da Napoli a Firenze. Il fascismo, è vero, non c’entra. O c’entra? L’intellettuale e resistente Asor Rosa vuole i soldi del governo per indennizzare i costruttori delle villette tra Pienza e Montalcino, caso mai non riuscissero a venderle. Mentre a Napoli Mirella Barracco non vuole volontari che spazzino le strade. Forse la baronessa non sa che tra Chiaiano e Marano è un vespaio di camorristi (o forse lo sa). Fascista è anche, un po', il tradimento del terzo settore, gli (ex) intellettuali. Che non sanno che tutto questo fascismo era già di Pasolini nel 1975, nel 1969, nel 1958: al fascsimo degli intellettuali non c'è scampo?
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