Il presidente di Gazprom, Medvedev, è divenuto presidente della Russia, candidato di Putin. Il primo ministro russo di Putin presidente, prima dello stesso Putin, Zubkhov, diventa presidente di Gazprom. Che credibilmente annuncia di voler diventare in cinque anni il maggior gruppo mondiale dell’energia, con una capitalizzazione doppia di quella di Exxon-Mobil, oggi il più grande. In grado di garantire la politica energetica di tutta l’Europa, liberandola dal condizionamento dell’Opec.
Gazprom è la pupilla dell’occhio del potere in Russia. Ma non è solo una creatura politica. Gazprom è da quarant’anni giusti il partner energetico più fidato dell’Europa occidentale, a partire dall’Eni, con cui all’epoca avviò la relazione privilegiata. Il contratto del gas russo del 1968 è un romanzo, anch’esso a forti connotazioni politiche. Ma Gazprom è stato da allora il partner più sicuro e di maggior profitto dell’Eni – dopo la Libia di Gheddafi. Quello con cui l’Ente di Stato, quando ancora faceva progetti, intendeva costruire la rete europea dei gasdotti, basando il continente sul gas, più che sul tutto-elettrico e sul desueto tutto-petrolio.
Negli ultimi tempi l’Eni ha in più punti messo a rischio questa partnership privilegiata. Dapprima per errori politici. Quando Putin cinque anni fa disse a Berlusconi di prendersi tutto il gas russo che voleva, l’ambrosiano Cavaliere ci mandò il suo amico Mentasti, pensando a un affaruccio: non aveva capito. Gazprom fece allora pressione su Putin, e ottenne quello sfondamento in Germania che forse, giustamente, è all’apice dei suoi progetti, prendendosi nell’occasione come consigliere l’ex cancelliere Schroeder - che naturalmente, a differenza di Berlusconi, sa di che si tratta.
L’Eni ha poi parzialmente recuperato. Ha potuto sottoscrivere varie iniziative con Gazprom, spendendo il capitale di entrature e contratti in essere nei paesi petroliferi del Nord Africa. E di più forse non può fare, avendo il fucile puntato del Kazakistan contro chiunque collabori con i russi. In Kazakistan l’Eni ha il suo maggiore giacimento di petrolio, Kashagan, che è anche il maggiore del mondo. Ma una valutazione dei pro e contro dell’iniziativa in Kazakistan si sta imponendo all’Eni: non tutti i dirigenti, a cominciare dall’ad Scaroni, ritengono sia utile farsi legare le mani da Kashagan.
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