mercoledì 11 giugno 2008

Niente buco se il giornale non lo dice

Roma è in dissesto per 7,2 oppure per nove miliardi? Per nove, non c’è dubbio. E non perché la cifra l’ha registrata qualche mese fa questo sito, ma perché un segreto che tutti sanno. Non lo dicono, però, ecco, la notizia è questa. Un po’ come quando la tv esplose con “Lascia o raddoppia” e al “Corriere della sera” si decise, con fastidio, che se il giornale non ne parlava era tanto meglio. È così che il lettore di sinistra, che compra il suo giornale ogni mattina, il “Corriere della sera” o “La Repubblica”, e diligentemente lo legge, non sa nulla di questo. Al più sa che c’è un nuovo sindaco, uno di destra, che vorrebbe far fallire il suo Comune. Insomma, la solita fastidiosa bega tra destra e sinistra. Ma non si sa: è il lettore di sinistra che vuole il giornale come il rosario, noto, ripetitivo e elogiativo? o è il giornale che, in tema di santi, sa solo dire il rosario?
Il buco potrebbe essere maggiore in dipendenza dai derivati che a mano a mano vengono a scadenza, e dal difficoltoso recupero di due milioni di cartelle pazze da parte di Equitalia, l’esattoria del Tesoro. Sarà comunque maggiore con le perdite di aziende comunali che peraltro non brillano per i servizi, come i trasporti e la spazzatura. E purtroppo, destra o sinistra che sia, è il risultato di una gestione della più grande città italiana ridotta a santificare i sindaci Rutelli e Veltroni, la loro immagine e carriera politica. I nove miliardi che mancano non sono stati naturalmente spesi per la gloria dei sindaci, forse nemmeno novecento milioni. Ma non c’è stata a Roma altra politica per quindici anni, non di bilancio né d’investimento, che non fosse il passaggio politico di Rutelli e di Veltroni ogni giorno sui giornali. Un po’ come nel Terzo mondo, che lo scià, il generale, il chief ogni giorno deve campeggiare in prima pagina. Veltroni giunse, un giorno di magra, a dotare una signorina della borgata Finocchio, che ne fu molto sorpresa – dotare nel senso di costituire la dote per il matrimonio.
I nove miliardi che mancano non sono stati naturalmente spesi per la gloria dei sindaci, forse nemmeno novecento milioni. Ma non c’è stata a Roma altra politica per quindici anni, non di bilancio né d’investimento, che non fosse il passaggio politico di Rutelli e di Veltroni ogni giorno sui giornali. Un po’ come nel Terzo mondo, che lo scià, il generale, il chief ogni giorno deve campeggiare in prima pagina. Veltroni giunse, un giorno di magra, a dotare una signorina della borgata Finocchio, che ne fu molto sorpresa – dotare nel senso di costituire la dote per il matrimonio.
La politica scantona: se Alemanno non s’è inventato il “buco”, se Roma non si sta fregando altri spiccioli dello Stato, se una gigantesca liquidazione non è in corso, una caccia alle streghe, se il debito non era già di Rutelli, o già di Carraro, se non Argan,o del sindaco Nathan, ecc.. Il solito gigantesco gioco dei quattro cantoni, anche della destra contro la destra e della sinistra contro la sinistra. Solo la giustizia se ne disinteressa. Il fatto c’è, la notizia di reato è perfino troppo corposa. Ma la Corte dei conti non sa nulla e non si interessa del “buco” di Roma. La giustizia ordinaria, che ci ritroviamo purtroppo anche in camera da letto, e intercetta perfino i rumori molesti del bagno, neppure.
La corruzione nelle nostre città è lampante. È minuta e all’ingrosso, è quotidiana, è spudorata, è normale. A partire dai comportamenti, l’uso privato del fax in ufficio (il popolo dei fax di certa sinistra) e, carissimo, del cellulare aziendale, specie se pubblico, o dai miniappalti apparentemente innocui, ma si guadagnano migliaia di euro producendo soltanto adesivi, per il Comune, la Provincia, la Regione. Tutto quello che oltralpe semplicemente non è tollerato, dalla Spagna alla Finlandia. Solo per la giustizia la corruzione non c’è. Se non è espediente al destra-sinistra, al piccolo cabotaggio politico. La giustizia essendo essa stessa il perno della corruzione, per gli interessi privati (consulenze, incarichi istituzionali, giudizi extragiudiziali), per le omissioni e collusioni politiche, per le persecuzioni, per i carrierismi, spesso loschi, altre volte spietati, sempre sfrontati, per l’impunità eretta a garanzia costituzionale.

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