L’emendamento salva Berlusconi, il lodo Schifani, la museruola ai giornalisti sulle intercettazioni, il reato di clandestinità, l’emendamento salva Rete 4, i militari a Napoli per la spazzatura, insomma il golpe, e soprattutto, sopratutto, le critiche dell’Europa: in pochi secondi Veltroni snocciola ai tg un cahier de doléances perfino più nutrito di quelli che il sindacato riusciva a mettere assieme per le adunate senza fine del 1969. Ci manca solo il no di Berlusconi alla Moratti sui fondi per l'Expo, l'ultima baggianata del "Corriere" e "la Repubblica". Il cahier sir Uolter dice tutto d’un fiato e mostrando di non crederci. Ma come se dicesse: beh, mi arrendo.
Poco importa se l'Europa è Jacques Barrot, un commissario che ha un portavoce italiano, che si dice del fronte della resistenza ma dev'essere un provocatore, poiché gli fa dire, al suo commissario, tre cose diverse in un'ora in materia di reato di clandestinità, dopo aver discettato nel mese di maggio, o era aprile, liberamente contro Alitalia. Veltroni si arrende alla trappola montata dai grandi giornali fiancheggiatori, “Repubblica” e “Corriere della sera”, che evidentemente lo sovrastano come capacità di argomentazione. O passa all’opposizione di se stesso per indebolire la fronda interna. Che da qualche settimana vuole addirittura sbarazzarsene. Anche a costo di recuperare Prodi. Mentre Berlusconi conquista città e province, senza maniere forti, senza nemmeno i pacchi regalo. Continua così la sceneggiata della finta sinistra. Agli squilli antemarcia dei giornali dei padroni. Alle redini, si può dire, dei padroni, del loro inossidabile “potere attraverso la crisi”.
In tutta Europa la sinistra paga l’incapacità di assicurare la sicurezza, nelle strade e sul lavoro, l’immigrazione di massa, il reddito familiare. In Germania e in Italia specialmente, in Francia, ora in Gran Bretagna, e anche in Spagna non sa che fare. Veltroni sembrava averlo capito – cosa non ovvia in Italia, anche se è sotto gli occhi di tutti: i giornali antemarcia non danno tregua. Sembrava anzi deciso a tentare qualche soluzione, una via comunque diversa, smarcandosi dall’antiberlusconismo divorante, non a caso alimentato dallo stesso Berlusconi. Appoggiandosi perfino a Berlusconi per quella parte della soluzione che riguarda il buon funzionamento del Parlamento e del governo. L’obiettivo era più che ovvio, e anzi necessario: staccare da Berlusconi quella grossa fetta di elettorato che i giornali di Lor Signori qualificano di centro ma che è sempre stata di sinistra e ora si sente abbandonata, se non tradita.
Il tentativo Veltroni si può dire così chiuso, e forse fallito. Avremo ora probabilmente molte intercettazioni su Berlusconi, prima che ci sia la legge – in modo che la legge sia necessaria. Avremo quei processi non processi, sul tipo Sme e Lodo Mondadori, che resteranno solo come una vergogna della magistratura milanese. E avremo le barzellette di Berlusconi a palazzo Chigi e ai vertici dei Grandi, in piena berlusconeide, nella quale il presidente del consiglio eletto ci ha subito precipitato, il referendum perpetuo che non può che stravincere. Veltroni magari si pentirà di aver lasciato Roma, e il festival del Cinema. Ma noi non avremo nemmeno la consolazione di un pentimento.
martedì 17 giugno 2008
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento