“Non c’è oggi idea più estinta di quella di posterità”. Di futuro. “L’unica nozione che ne abbiamo è di carattere antiquario”. Scrive bene Scurati, romanziere di successo e direttore a Bergamo del Centro universitario sui linguaggi della guerra. Ma non si sa di che: prima il futuro non era antiquario? O vuole dire che oggi non si costruisce nulla, non ci sono novità. Oggi? La comunicazione opera la distruzione di senso, dice Scurati. Dipende: Di Pietro è creazione sovrumana, nessuna Madison Avenue l’avrebbe mai immaginato, in nessun delirio.
A corpo 14 e con ampi margini è qui allargata la rilettura scuratiana de “Il sentiero dei nidi di ragno”, il racconto di Calvino. Che tante storie aveva da raccontare, dice Scurati, perché usciva da una guerra. Mentre lui è cresciuto, e noi assieme a lui, alla televisione, in salotto, di sera, con la birra fresca.
A Napoli, la città di Scurati, un ristoratore teneva nella vaschetta all’ingresso un polpo. Al quale dava una legnata ogni volta che persuadeva un cliente a ordinare il cefalopodo appena pescato. Finché il polpo sbottò: “Accìdeme, che vita è questa!” Così è: che ci stiamo a fare? Senza guerre.
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