Si ricostruisce l’asse Milano-Palermo. Nel 2006 i sessantamila voti di Lombardo in Lombardia, nomen omen, fecero vincere Prodi, e Bazoli non l’ha dimenticato. Il contatto è ripreso tra il patron di Intesa e il leader dell’Mpa, provvisoriamente passato con Berlusconi in Sicilia, per rifare la Dc e salvare l’Italia. È un ritorno ai vecchi tempi, si sarebbero detti i due, cinquant’anni fa, quando la Lombardia e la Sicilia insieme decidevano per l’Italia. L’ipotesi di un rimescolamento della maggioranza in Parlamento a legislatura in corso ha preso insomma piede con rapidità.
Bazoli si conferma a questo punto lo stratega d’Italia anche in politica. In economia il ruolo è da tempo acclarato. Non da ultimo dalla stessa sindrome dell’investitura che Bazoli nutre. L’avvocato non solo è il creatore e il presidente della banca più grande, Intesa-San Paolo, ma, novello cavaliere medievale, avoca a sé l’investitura a proseguire l’opera dei grandi vecchi dell’Italia buona: l’Avvocato (Agnelli), Nino (Andreatta), il Dottore (Cuccia).
L’uomo più potente
Il patron di banca Intesa può d’altra parte vantare con merito tutte le eredità. È l’uomo più potente della Repubblica. Tiene le fila di tutto il business bancario, da Draghi a Geronzi, in Unicredit e in Mediobanca, alle Generali, e di ogni decisione strategica, dal futuro incerto di Telecom Italia all’Alitalia, allo smembramento di Eni e Enel. Domina senza opposizione gli affari. Agli Agnelli Elkann, suoi soci dopo l’incorporazione di San Paolo, aveva dato un sonoro ceffone con lo scandalo del calcio, creato e gestito dalla Rcs Media che l’avvocato controlla strettamente con Perricone. Dopo l’avviso sui movimenti azionari surrettizi con cui la Famiglia aveva rinforzato, poco legalmente, il controllo di Fiat. Lezione che Torino mostra per più segni di avere accettato. Tronchetti Provera è grato di essere ancora in vita. E così i Moratti, i Riva e ogni altro. Bazoli è sicuramente l’uomo più potente della Repubblica, non mena vanto ingiustificato.
Tre fasi
Il presidente della Regione Sicilia, noto per essere realista, non s’illuderà su chi decide che. Ma è certo che non è insensibile all’appello all’unità e alla forza del vecchio partito. Anche lui, come tutti, a disagio con Berlusconi. La nuova Dc che si prospetta con Bazoli non è più quella folcloristica di Pizza e Rotondi. È un progetto serio, ben progettato, e di sviluppo anche già ordinato. La prima mossa è il riordino del partito Democratico, con un ribaltamento delle posizioni tra bianchi e rossi. La seconda è il riassetto dell’Udc, che si liberi dall’ingombro Casini. Già in questa seconda fase l’intervento di Lombardo, come calamita dei voti di Casini in Sicilia, diventa centrale. La terza fase è tutta sua, e andrà di pari passo con la promessa scelta a leader del nuovo partito: la ripresa totale dell’autonomia a cui il suo movimento si richiama, e l’abbandono di Berlusconi.
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