La “mano invisibile”, che è invece visibilissima, e molto dura, è quella di Milano. L’opera è la distruzione dell’Italia, ormai quasi a termine. Non propriamente la distruzione dell’Italia, ma il proprio indisturbato guadagno, che è il solo interesse, come si sa, di Milano.
Quello che Tronchetti Provera dichiara agli inquirenti milanesi sulle spiate Telecom avrebbe valso a ogni altro soggetto varie incriminazioni, o allo stesso soggetto sotto diversa Procura. A Milano invece il dichiarante viene ammesso al processo come parte lesa. A un processo in cui un certo Tavaroli s’impossessa di due grandi aziende come Pirelli e Telecom, e paga tangenti, spia persone e imprese (cinquemila), paga consulenze milionarie, lavora con i carabinieri, la polizia, la guardia di Finanza e i servizi segreti, questo per sei anni, ma non esiste. E se esiste è un millantatore. Non ci vogliono molte prove sull’aggiustizia di Milano.
La Lega, i giudici e Berlusconi
La capitale morale d’Italia si avvicina a festeggiare i vent’anni, dall’arresto di Sofri con cui avviò la manomissione dell’Italia, che se ne può dire già annientata. Per Milano intendendosi i giudici, la Lega, Berlusconi, e l’editoria, sua tradizionale attività, riciclata come industria dell’immagine. Che non sono stati bei regali all'Italia, Milano sfottente lo riconosce. ma sono i suoi strumenti. Milano ha già preso tutto quello che c’era da prendere ma resta attiva, occhiuta, censoria, ricattatrice. Nel nome della questione morale degli altri. Per briciole ancora da incamerare.
La giustizia, la salute e la scuola sono stati i primi obiettivi. Si ruba ora impunemente, in Borsa, in banca, e fuori. Si specula impunemente. Si pagano tangenti, si dichiarano anche (vedi il caso plurimo Telecom), senza essere nemmeno indagati. Si comprano i voti. Non dappertutto impunemente: la giustizia di Milano è severa con i fuori sede.
Si pagano cifre assurde per un medicinale, un’operazione chirurgica, o anche solo una visita. I casi di Longostrevi e della clinica Santa Rita sono la punta di un iceberg, i devianti della devianza – in area mafiosa si direbbero i non protetti, gli irrispettosi, i cani sciolti. E si consigliano, nei rotocalchi popolari da un milione di copie, imposti ogni giorno col quotidiano a 50 centesimi, benché già venduti alla pubblicità, pochettes “con profili lucertola” da 2.800 euro, o “abitini stampati” da 985.
Le scuole fabbricano analfabeti, a meno di non essere private. Ora sono le suore e i preti a dispensare la cultura. Analoga demolizione è in atto all’università, per mano delle virtuose ministre Moratti e Gelmini, fiori all’occhiello di Milano. L’università di queste signore è scesa al 174mo posto, o al 176mo, nelle graduatorie Unesco della capacità di formazione, cioè all’ultimo o penultimo posto dell’umanità. D’ora in poi chi ha soldi si laurea, chi no stia al suo posto (se c’è bisogno di ingegneri si prendono in India, sanno pure l’inglese). Quanto alla ricerca scientifica Milano non sa cos’è – se non porta soldi una cosa non è.
I servizi pubblici privatizzati, i telefoni soprattutto, sono stati spogliati. Le rete telefonica è un colabrodo, dopo dieci anni di privatizzazione. A vantaggio prima dei cellulari, tutti profitto in Italia (si è arrivati a utili netti del 60 per cento del fatturato!). I servizi non privatizzati sono lasciati alla muffa, le Poste, le Ferrovie.
Il complesso ambro-partenopeo
Non tutto è milanese a Milano, c’è anche Napoli. Che ha dato e dà una mano decisiva dove ci vuole gente appunto di mano abile, furbizia sopraffina: la giustizia, l’editoria (il “Corriere”, la “Gazzetta”, “Gomorra”), la Borsa, i carabinieri, e il lavoro savianeo a façon, che fa il made in Italy. C’è insomma un complesso ambro-partenopeo alla guida dell’Italia. Ma per fare l’interesse di Milano – ha sempre lasciato stupefatti che la leghista Milano tesaurizzasse tanti napoletani nei posti delicati, ma è che l’apporto partenopeo è impareggiabile nella distruzione.
Tutto è spremuto, senza investimenti. La produttività è ferma dal 1992, dal colpo di mano di Milano, la cui morale è incassare. Magari facendo credere che l’impoverimento dell’Italia è dovuto alla globalizzazione, all’arrivo del Terzo mondo allo sviluppo. Che col lavoro a un dollaro l’ora sarebbe imbattibile. Ma contro un dollaro l’ora altri sanno competere gagliardi, dagli Usa alla Germania. La verità è che in Italia da tempo non s’investe.
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