Non ci sono stati i mutui, né i fallimenti bancari, né il petrolio nei colloqui europei di Obama. Non il dollaro, o il supereuro. Non la Russia, il Libano o l’Iran. Né Bin Laden e il terrorismo. Neppure l’Afghanistan, se non l’Iraq. L’Europa è servita da palcoscenico per le tante tv al seguito, scenari storici grandiosi a Berlino, Parigi e Londra a maggior gloria di Obama, un lungo spot pubblicitario. Con ospiti europei che, non sapendo che fare, hanno fatto gli americani: alzano gli indici e dicono frasi fatte.
Del fuso freddo Obama, che incanta giusto perché è magro, alto e africano, questo viaggio sarà stato come il monolite metallico di “Odissea nello spazio”: chissà cos’è. Cosa pensa, cosa intende fare.
L’Europa da tempo non rappresenta più o meno nulla per l’America. Dai tempi di Reagan e Gorbaciov, dal crollo del comunismo. Comprese le presidenze Clinton, forse le più estraniate dalla vecchia madrepatria – George W. Bush in qualche modo ne ha avuto bisogno. Né in Europa c’è stato nessuno, compresi Mitterand, Kohl, e altri governanti forti, in grado di ricordare il continente a Washington. Altro che per ripicche.L’Europa tifa Obama, ma Obama non sa che dirle, altro che per fare scena. Ma poi il fatto non dipende da Obama, questo grande oggetto misterioso della politica: è con i democratici che l’estraniazione è totale, culturale, quasi genetica.
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