Un tempo si sarebbe richiesta una generazione, o due. Ma un’elezione è pur sempre necessaria, se non due, anche oggi che il tempo va di fretta: ci vogliono dai cinque ai dieci anni per stabilizzare un partito. Un progetto, per quanto bello, ragionevole, appropriato, atteso e anzi privilegiato dal mercato, non si realizza all’istante. E il partito Democratico è un progetto. Non c’è stato un movimento di masse. Le quali anzi, nei rispettivi schieramenti confluiti nel Pd, sono guardinghe. Gli ex Dc magari erano pronti, essendo minoranza e sapendolo. Ma gli ex Pci no. In Puglia, a Massa, a Viareggio e in altri posti hanno votato per vecchi compagni piuttosto che per il candidato bianco, benché democratico.
Veltroni lo sa. Come sa che non c’è altro leader che lui, se il Pd vuole crescere, anzi semplicemente durare. D’Alema, Rutelli, Parisi, per dire Prodi, e i giovani Franceschini e Letta, possono agitarsi, dichiarare, creare fondazioni, riviste e consuetudini al cenobio, per non chiamarle correnti o frazioni, possono dare interviste di una pagina ai grandi giornali democratici, diventare protagonisti dei talk-show per due e tre ore, ma alla conta tutti li fuggirebbero. Ora, il Pd non vuol’essere un partito d’opinione, finire su “Repubblica” e il “Corriere della sera”. Ambisce a crescere, per farlo deve arrivare a un sottile equilibrio tra le sue due anime, la rossa e la bianca, e questo solo l’abiurante Veltroni può tentarlo.
Al partito Democratico non si sfugge. Un Pd ci vuole, Berlusconi lo impone: non può vincere tutte le elezioni. Si tratta dunque di aspettare. Quando le masse (gli assessori, i portatori di voti, i collettori) avranno capito che o si va con Berlusconi o ci si unisce, il passo decisivo sarà stato fatto. Non ci sarà da aspettare molto, perché l’alternativa in realtà non c’è. Berlusconi sta intasando tutte le piazzole , e cinque anni fuori dal potere sono lunghi. L’uomo poi non è generoso, ha perfino perso un paio di elezioni per non voler mollare briciole di sottogoverno. Una scelta definitiva quindi urge, magari prima della seconda elezione.
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