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Apocalisse – Ma che roba è, “Io sono colui che scuote i reni e i cuori”, 2, 23? Che magari è eufemismo del traduttore.
Decostruzione - È un gergo. La brillante idea di smontare i meccanismi del linguaggio si è tradotta in un linguaggio artificioso e subito perento. Il decostruzionismo ha inventato, per denunciare l’ipocrisia del potere, del linguaggio, un linguaggio criptico e insignificante.
Ciò pure nella conversazione corrente e nella terapia analitica: il dialogo non può non essere guastato (corrotto) dalla forma espressiva nella quale coagula. Al cinema, quando si gira, le due facce si esprimono autonomamente, e il dialogo è “darsi la battuta”. Il botta e risposta, la reazione, si collega direttamente all’azione, ma entrambe recepiscono il condizionamento culturale e psicologico della forma espressiva e dell’immaginazione-ruminazione.
Il segreto del (buon) teatro è che sconta questi condizionamenti: il suo dialogo è espressivo.
Dio – Non gli devo nulla.
Nessuno gli deve nulla: è dunque gratuito.
Un gratuito obbligato, dal momento che si vive. Si bestemmia per questo, Dio resta sempre ingombrante.
Ebraismo – È molto contaminato dal cristianesimo. L’ebraismo di oggi, morale, legale, politico, ha fatto suo il vangelo e la chiesa – la storia, certo. Quello della Bibbia è molto diverso.
Molto diverse restano alcune espressioni della cultura ebraica, quali l’esoterismo e la numerologia. La vecchia idolatria spirituale.
Esegesi – Allontana Dio. Come la teologia.
Eterosessualità - È acquisizione apprezzabile in quanto recente. L’omosessualità fu a lungo privilegiata e scoperta, specie in filosofia. E fino a recente nelle società di soli uomini, circoli, società sportive, massonerie, e tuttora nella chiesa cattolica.
Europa - È la cultura irreligiosa, il primo caso nella storia. È stata cristiana ma da tempo è laica: dal Quattrocento, in vari modi, umanesimo, liberalismo, socialismo, nazismo, e ora irenismo.
È da tempo sterile e arida. È l’effetto dell’irreligiosità?
Evoluzione - È più vera in senso opposto, non come selezione ma come éclosion, moltiplicazione. In senso biblico, ex uno plures. Anche se il conto delle specie dovesse essere in diminuzione – razionalmente ciò è ininfluente nell’evoluzione, che implica sviluppo, crescita.
Si va per in realtà differenziazioni. Le specificità si moltiplicano e si accentuano per componenti culturali originarie, e per il condizionamento territoriale (contiguità, distanza), climatico, storico.
Lo stesso schema è sociale (storico). Le particolarità diminuiscono in questa fase di globalizzazione-occidentalizzazione. Ma anche si moltiplico, e addirittura rinascono. Lo stesso Sistema Moda, che prospera uniformando i gusti, le abitudini e i consumi, privilegia lo scarto.
Due scimpanzé o due gorilla sono molto più diversi tra di loro che non due essere umani. Questi essendo sempre più uniformati dalla cultura, l’ugualitarismo e il mercato, cioè dalla comunicazione. Dove l’habitat naturale prevale la diversificazione è costante.
Giallo - È il racconto che corre alla fine. Verso una verità che si sa essere un gioco: è una rassicurazione per chi non se ne cura.
La narrazione è – era – tipicamente aperte, seminativa. Il giallo è un ventaglio che si chiude.
Giovinezza - È il sogno della vita secondo i narratori memorialisti, ma in realtà la vita ne è il rifiuto. Di un’età vissuta nella collera e l’ansia, il rifiuto, l’incertezza, il mal di pancia cronico e violento. Si vive essendo sopravvissuti al’adolescenza.
È l’età dell’amore, ma questo si dimentica.
Moderno - Il nuovo e l’ignoto, direbbe Baudelaire, sono la chiave del moderno. Cioè di Odisseo, Gilgamesh, e ogni altra che abbia lasciato traccia di sé. Anche di Eva.
Ma non c’è da ridere, se non del moderno. Categoria moderna, che pretende di fermare la storia, e il moderno
Si potrebbe anche dire che comincia con l’usura. C’è – c’era – la questione dell’evento o della data da porre a confine fra evo medio e evo moderno: Gutenberg, Colombo, eccetera. Ma l’evo moderno, urbano, manifatturiero, politico, s’introduce di fatto progressivamente. E la leva (fermento, mastice, lievito, colla) è l’economia monetaria, il credito. La modernità cresce e s’impone col credito.
Morte – “Lo scopo di tutta la vita è la morte… Il non essere esisteva prima dell’essere”. È di Freud e non poteva essere di un altro – della cultura della morte. Filosoficamente l’essere – la vita - esisteva prima dell’essser-ci, e esiste dopo la morte. Lo stesso Freud, del resto, dice bene: “Ogni essere vivente muore necessariamente per cause interne”. Anche quando c’è chi lo vuole morto.
Il senso della morte è poco filosofico. Si è sempre nati, e si è sempre vivi.
Il senso della fine è della storia - della politica, la letteratura, l'arte, insomma l'immaginazione - che è un sostituto e non un'approssimazione della realtà. E va con le promozioni, i premi, i primati, va per accumulo.
Opinione Pubblica – O è come vuole Habermas, consistente con la borghesia, di cui è specchio e coscienza critica, o non è. Ma se la borghesia non è, come sembra, non è nemmeno l’opinione pubblica, che infatti è un fantasma quando non è una bugia.
Si vede in Italia: la Rai e i primi cinque giornali sono, con Sky e Canale 5, anti Berlusconi. Costantemente e insidiosamente. Ma Berlusconi, pure politico improvvisato e gaffeur, vince sempre le elezioni.
La cosa si può dire anche storicamente. Con la stampa, scompone il potere, dal Settecento in poi, la “sfera pubblica” di Habermas cambia. Il pubblico viene separato dal privato, lo Stato dalla società. La politica diventa anonima. La storia critica che scompone il potere, da Marx a Foucault, laora materia vecchia e già inerte, ed è essa stessa parte della “stampa” il circuito autoreferente che scacciala realtà.
Da qualche decennio l’opinione pubblica in Italia s’identifica con i resti del Pci – la famosa egemonia culturale di Togliatti e Amendola che si perpetua. La sua inconsistenza quindi non è zero, è negativa, posto che il Pci si è sciolto alcune volte, e continua a sciogliersi.
Un’opinione pubblica che fosse quello che si vuole che sia, la coscienza della nazione, non tollererebbe l’ipocrisia, lo spergiuro, la sopraffazione, che invece caratterizzano i suoi soggetti.
Rivoluzione – È il tema del Novecento, delle Grandi Guerre quindi e dell’Olocausto. Sotto il segno della Bomba.
È stata per tre secoli, dal Sette al Novecento, l’ordine delle cose intellettuale, da sinistra e da destra, più che di classe.
Sociologia – È quella cosa che non si sa cos’è.
Storia – È interpretazione, sul filo dell’intuizione, sorretta da testimonianze, anche mute.
È inutile, la nostalgia, il risentimento, la voglia di rifarlo. Il Santayana proverbiale, “chi non la conosce la ripete”, invita a rifarla meglio, e quindi a riparare gli errori, Monaco, il Vietnam, Praga. Ma la storia è conservatrice. Non reazionaria, non necessariamente: è scettica, la storia come le discipline storiche, sulla stessa sua logica e razionalità.
zeulig@gmail.com
mercoledì 30 luglio 2008
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