martedì 29 luglio 2008

Tremonti già solo nella palude romana

Tremonti sembrava destinato all’intoccabilità dopo lo strabiliante successo alle elezioni della Lega, ma in pochi mesi la palude romana ha ripreso ad asfissiarlo, e non l’ha già sommerso. C’è già chi si prepara un invito a palazzo Koch da Draghi, come già fece Fini con Fazio, il governatore destituito della Banca d’Italia che era cinque anni fa il dichiarato nemico di Tremonti.
I centri romani “di opposizione” sono sempre gli stessi: la Banca d’Italia con la sua potenza di opinione, il mellifluo Letta, che governa palazzo Chigi, e Fini con i suoi colonnelli. Il ricorso a Draghi dice tutto. Il governatore, come già Fazio, non nasconde l’ambizione di sostituirsi a Tremonti. Ma in un governo senza Berlusconi, Draghi è un dichiarato Democratico. È però anche l’uomo di Gianni Letta, la luce dei suoi occhi – Letta che, se non Andreotti, è il maestro di Gianfranco Fini.
Sarà più difficile ora giubilare Tremonti. Non perché Draghi possa meno di Fazio, ma perché Berlusconi ancora conta. Legge i numeri e sa che senza Lega non ha maggioranza. Ma gli avvisi si accumulano sulla testa del superministro, in privato come usa a Roma: un tempo nei salotti, ora nelle trattorie, le gelaterie e al telefono – sì, malgrado le intercettazioni, se non a loro beneficio. Non si può vendere il patrimonio pubblico, nemmeno la caserme e le case vuote. Non si possono bloccare le assunzioni. E non si possono tassare i petrolieri: è dannoso, e poi è inutile – in questo rinfoltendo i ranghi con l’opposizione Democratica.

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