Nessuna critica al presidente americano Bush che due mesi prima annuncia che parteciperà alle Olimpiadi di Pechino, e anzi gara chi lo segue, Sarkozy in testa. Pechino vuole marcare il millennio, un po’ come Hitler lo marcò nel 1936 con le superiori Olimpiadi di Berlino. La Cina comunista non è Hitler, non ha in programma lo sterminio degli ebrei, ma con gli altri non transige. Un regime che omette il romanziere Gao Xingjan dalla lista dei Nobel, e solo gli concede l’ingresso a Hong Kong, finché dura lo statuto speciale. Ed è una potenza, in questo è rispettata come la Germania. La potenza che da sola con gli Stati Uniti regge da un ventennio l’economia mondiale.
Per un europeo vecchio stampo – per un europeo, ce ne sono di nuovi? – Bush a Pechino è, con tutta la globalizzazione, Star Trek o Guerre Stellari, vicino e lontano come la fantascienza, umano e disumano, un androide freddo. Ma non da ora, l’America da tempo naviga solida e sicura nel suo spazio interstellare, da quando finse di non vedere Tienanmen. Tutto quello che l’America è stata per due secoli, umanitaristica, puritana, inflessibilmente democratica, lo ha cancellato con la Cina. Il suo pilastro per la globalizzazione.
Bush a Pechino è un gesto gratuito, senza precedenti, importante, freddo. A fare i finti applausi con i cinesi di tante generazioni soprammesse, i capelli tinti, le manine di biscuit, le palpebre fisse come dopo la chirurgia ringiovanente, e un ghigno lieve per sorriso. Tutto improbabile, se non fosse vero, e tosto. L’America del terzo millennio è asiatica, e l’Europa, che non teme, disprezza. L’Italia non solo, contro la quale ha promosso Mani Pulite, come rivela oggi Cossiga al “Corriere della sera”, e come si legge nelle atrocità di Bush contro il suo amico Silvio. Ma anche la Francia della grandeur, e la Gran Bretagna – che però lo sa, e fa finta di niente. Solo teme i tedeschi, perché sono più bravi in Cina.
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