Lombardo è l’astro nascente del nuovo Zentrum. Nel disegno di dislocare la maggioranza non alle prossime, lontane, elezioni, ma di rifare presto il colpo del 1994, il capolavoro di Scalfaro. O perlomeno, se non il ribaltone, per il quale non ci sono i numeri, delle due l’una: o un governo con Draghi (istituzionale, del fisco federale, di garanzia, le formule non mancano per accantonare Berlusconi), oppure la crisi politica e le elezioni anticipate.
Il movimento è per adesso all’interno del partito Democratico, nell’intento di scalzare il predominio diessino, quello che gli (ex) Dc chiamano il partito togliattiano. Il “problema dell’identità” che Rutelli pone è questo. E la sua “radicale novità” è coinvolgere nel Pd le membra sparse della Dc, per mettere i diessini in minoranza e al guinzaglio. I frammenti di Dc da coalizzare sono per ora quelli che già pencolano verso il Pd, Tabacci, Baccini e i Montezemoli. Un po’ di Milano, un po’ di Torino, con i Bazoli, i Tronchetti Provera, i De Benedetti e gli Elkann, e un po’ di Roma e del napoletano. La punta di diamante dello schieramento è, si sa, Draghi, il governatore della Banca d’Italia, che ritiene già di averne avuto l’investitura, da Bonanni (Cisl) e dall’élite occulta della sinistra, i banchieri e gli speculatori. Ma il vero obiettivo della manovra è catturare Raffaele Lombardo, il leader dell’Mpa siciliano.
Lombardo è già il referente dell’Udc di Casini in Sicilia. Ma un referente concorrente: il Movimento popolare di Lombardo è infatti nato per nessuna altra ragione che di sottrarre il capo all'ombra di Casini. Un po' come il berlusconismo improprio di Formigoni in Lombardia: sono molte le scegge che Casini ha fatto allontanare, di comprimari che non sopportano la sua leadership, e che i teoria sono disponibili a farsi federare.
Nell’isola, dove non si guarda a Cuffaro ma a lui, Lombardo ha già unificato di fatto i due tronconi principali del nuovo Zentrum. Lombardo stesso in pectore già di crede, alla leadership della nuova Dc, dall’alto dei suoi due milioni di preferenze. Forte anche del precedente di Leoluca Orlando, di cui fa tesoro. E non si trova nella veste di amministratore: si dice un politico, e sogna la non remota Ialia in cui il vero potere era nel segretario della Dc. La convinzione insomma non manca, non è di questo che difetta la Sicilia – l'isola sempre presume di sé.
Anche Orlando, trionfatore in Sicilia, a Palermo aveva tre voti su quattro, in alcune sezioni il 100 per cento dei voti, che pure statisticamente è impossibile, si candidò nel 1990-91 a guidare la Dc, ma fu letteralmente disintegrato dagli “amici”. Lombardo aspetta, non si candida. Gli amici dovranno prima abbattere i Ds. A quel punto lui arriverà con i voti: cinque punti percentuali sono più di tutta l’Udc. La crisi insomma non è vicina. Ma se le cose vanno per il verso giusto, se il Pd sarà a maggioranza bianco, Lombardo non aspetterà il 2013.
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