Despentes prosegue al livello più letterario il tentativo d’introdurre il sesso nelle storie d’amore. Un tentativo bizzarramente tutto femminile, in Francia della Millet, la Reyes, la Dugas, la Wittig, in Spagna della Grandes (d’altra parte, l’esclusione del sesso dalle scene d’amore è bizzarria ben maggiore). Ma di proposito, e si vede.
In questo romanzo ci mette tutto, l’omoerotismo giovanile, l’irritazione della prima volta, l’erotismo come dipendenza, la complicità fraterna, il rovesciamento dei ruoli (fatale è l’uomo). E l’amitié amoureuse, la passione, la gelosia, l’odio. Tra la droga, i peepshow, le puttane, le mafie, perfino gli snuff movies, con desquamazione – a opera degli innocenti. In una Lione copiata da Marsiglia.
Il progetto si copre pudico con la forma del noir. Ma è meccanico e inerte. La cosa più interessante, la nota di traduzione di Maria Teresa Carbone (spiega “beur”, “érémiste”, “verlan”, etc., anche se sono sorprese di prima di Wikipedia), mostra una scrittrice interessata soprattutto alla scrittura. Dopo la nota simpatetica di Simona Vinci che spiega: “L’intrigo non esiste”. Alla fine il romanzo di Despentes (sia questo che “Scopami”) è “Thelma e Louise”, le americane che vanno allegre alla morte uccidendo. Una forma di revulsione. La storia è sempre “sfalsata” (“sfalsamento”, p.188, per il brechtiano straniamento, è invenzione preziosa), cioè costruita a freddo. Ma l’esperimento si risolve nuovamente nella scrittura del porno al femminile, un po’ di fregola in più.
Virginie Despentes, Le dotte puttane
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