lunedì 25 agosto 2008

L'Olimpiade del sovietismo

Tra Rai e giornali non c’è stata una critica. Un’insoddisfazione, un capello nell’uovo, niente: l’Olimpiade cinese sarà stata perfetta. Nemmeno una manifestazione dell’insopprimibile complottismo, magari per dire qualche giudice comprato, russo beninteso. Lodi spropositate e tanto entusiasmo per la “organizzazione perfetta”, occhiuta. Perfette anche le accompagnatrici, non nel suolo di sorveglianti naturalmente. E quanti titoli sulla “Cina in lacrime” a ogni medaglia non vinta, di un’ignoranza abissale sulla Cina ma di un servilismo acutissimo.
Sarà stata la vendetta dei falliti della Grande Illusione, e per questo giustificabile. La Cina è pur sempre il comunismo al potere, e l’entusiasmo conseguente. Anche per la forma dell’entusiasmo: un esempio di “centralismo democratico” totalitario, incredibile se non fosse avvenuto, nei migliori giornali italiani. Con tutte quelle sottolineature kruscioviane (desideri, auspici, speranze, voti, scongiuri) della Cina che “supera” gli Stati Uniti.
Ma è peggio. Col senno di poi non c’è paragone, Berlino non è Pechino. Ma un parallelo in contemporanea, se c’è una diacronia della storia, mostra lo stesso disarmo e la stessa soggezione psicologica alla propaganda hitleriana come alla propaganda cinese. Tutto fu perfetto nella Berlino di Hitler nel 1936, malgrado le recenti leggi di Norimberga “per la protezione del sangue e dell’onore tedesco”. La Germania “superava” la perfida Albione. E anzi si candidava a ospitare stabilmente l’Olimpiade, novella Grecia, la classicità che è tutti noi - questa è mancata: fare di Pechino la nuova Olimpia.

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