Nel cuore rosso, o zoccolo duro, della sinistra, da Bologna a Firenze, Prato, Massa e Carrara, Viareggio, Livorno, il partito Democratico si divide con asprezza. Non solo tra ex Dc e ex Pci, ma anche tra questi ultimi. Una sorta di tutti contro tutti che è la sola reazione al vecchio centralismo democratico, ed è la voglia di dissoluzione tipica delle età di decadenza, direbbe Santo Mazzarino, lo studioso della decadenza dell’impero romano.
Le divisioni emergono in preparazione alle primarie per le prossime elezioni amministrative, e anche per le europee. Sarebbero da dirsi quindi fisiologiche: il nuovo metodo di scelta dei candidati implica un’efflorescenza di candidati, con l’esigenza di caratterizzarsi, e quindi di polemizzare. Ma tra i Ds si va oltre, a punti già di non ritorno, anche se le scadenze elettorali sono lontane otto-nove mesi. Si sa già che s’infoltirà, e si estenderà alle città grandi, il fenomeno emerso a maggio, di candidati del Pd in lizza contro il candidato ufficiale del partito, contribuendo talvolta, al ballottaggio, alla sconfitta dello schieramento.
È una sorta di Linea Gotica che rinasce, o Linea Maginot, a seconda che il buono (il nuovo?) si veda all’attacco, oppure in difesa (il vecchio Partito?). Entrando nelle situazioni singole, però, non si vedono buoni. Non ci sono politiche diverse, né tattiche o strategie politiche, di alleanze, di formule, di programmi. È una moltiplicazione di capi e capetti, ognuno dei quali si differenzia dagli altri per voler scalzare il sindaco uscente, in genere perché è più bello (proprio, fisicamente), oppure perché il seggio promesso alla Regione o al Parlamento non è arrivato, o la presidenza dell’Ente.
Nessun commento:
Posta un commento